Coronavirus: terapie intensive anche nei corridoi a un passo dal collasso

L’allarme del coordinatore dell’Unità di crisi della Regione Lombardia Antonio Pesenti: “Il 26 marzo in Lombardia avremo 18 mila malati, 3 mila avranno bisogno di assistenza respiratoria”. Sanità al collasso.

La sanità italiana sta crollando, ed è già ad un passo dal collasso. Soprattutto quella lombarda che attende entro fine marzo almeno 18 mila malati che dovranno sottoporsi alle cure per il coronavirus. ma le strutture non sono e non saranno sufficienti. A parlarne è il coordinatore dell’Unità di crisi della Regione Lombardia, Antonio Pesenti. “Ormai siamo costretti a creare terapie intensive in corridoio, nelle sale operatorie, nelle stanze di risveglio. Abbiamo sventrato interi reparti d’ospedale per fare posto ai malati gravi. Una delle Sanità migliori del mondo, quella lombarda, è a un passo dal collasso”.

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Non c’è da pensare solo a chi sta fuori e dovrà cambiare abitudini per non ammalarsi, c’è da preoccuparsi soprattutto di chi ha bisogno di essere curato. “Se la popolazione non capisce che deve stare a casa, la situazione diventerà catastrofica”. Pesenti scrisse insieme ad alcuni colleghi delle rianimazioni, una lettera molto severa al premier Conte. “Le proiezioni scientifiche sono molto allarmanti” il tema della missiva. “Il quadro è di gravità tale – spiega – da richiedere un aumento dei posti in rianimazione fino a dieci volte l’attuale disponibilità. Il numero di ricoverati in ospedale previsto alla data del 26 marzo è di 18 mila malati lombardi, dei quali un numero compreso tra 2.700 e 3.200 richiederà il ricovero in terapia intensiva. Oggi ci sono già oltre mille pazienti tra quelli in rianimazione e quelli che rischiano di aggravarsi da un minuto all’altro. Noi monitoriamo la situazione 24 ore su 24″.

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Oltre all’emergenza coronavirus c’è da pensare ai malati che hanno patologie gravi diverse. “In pericolo c’è la sopravvivenza non solo dei pazienti di Covid-19 – c’era scritto nella lettera indirizzata a Conte – ma anche di quella parte di popolazione che comunque si rivolge al sistema sanitario”. Finora in Lombardia – spiega Pesenti – le ambulanze sono sempre arrivate in 8 minuti, adesso rischiano di non arrivare entro un’ora. Un pericolo enorme per chi ha un infarto, e non solo». Viene da pensare in che condizioni medici e infermieri sono costretti a lavorare, e con quali precauzioni. “Lavoriamo bardati per proteggerci dal virus – racconta il professore – Dopo 4 ore siamo sudati fradici, i movimenti sono rallentati e dobbiamo uscire dalla rianimazione per idratarci. Noi stiamo facendo tutto il possibile, e anche di più, ma bisogna fermare i contagi. L’unico modo è la prevenzione”. 

Antonio Pesenti

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