Coronavirus. Torino e il Piemonte, tra contagi e distanze di sicurezza

Molte imprese chiudono o ridimensionano notevolmente il personale, Torino e il Piemonte sono in ginocchio. Intervengono i sindacati. 

Il Piemonte e il suo capoluogo, Torino, sono quasi in ginocchio per colpa del coronavirus. Ma è nello stesso stile sabaudo non lamentarsi troppo, ecco perchè la regione con i suoi problemi non ha l’eco mediatica che altre hanno. Ma ad intervenire sono i sindacati. I numeri raccolti da Repubblica: alla Ferrero l’attività viene ulteriormente ridotta, è necessario recuperare spazio per avere un metro tra un lavoratore e l’altro: 4 mila addetti del marchio leader del settore dolciario resteranno a casa tra ferie e permessi tra lo stabilimento di Alba e quello di Pozzuolo Marchesano, fuori Piemonte. Stop di una settimana anche alla Merlo di San Defendente, che ha 1.400 addetti. Stessa cosa alla Riva di Lesegno, sempre nella provincia Granda. A Torino stop alla Cnh di San Mauro e alla Denso di Poirino, dove sono stati trovati due addetti positivi al Covid-19, occorre il tempo necessario a sanificare. Stop dell’attività (già programmata però e per questioni produttive e non sanitarie) alle Carrozzerie di Mirafiori fino a mercoledì. Un modo per sanificare ulteriormente. Chiusura straordinaria domani alle Meccaniche di Mirafiori, dove lavorano più di mille persone, per un intervento straordinario di pulizia.

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“Sono tanti i casi di operai positivi al Covid nelle ultime ore, come alla Elbi, alla Lear, alla Thales Alenia Space e alla Tta – ha detto Edi Lazzi segretario della Fiom di Torino. Dalle ultime rilevazioni i fermi produttivi negli stabilimenti torinesi interessano 12 mila persone, se i contagi dovessero aumentare nei luoghi di lavoro allora non ci sarà altra soluzione che un fermo più ampio.Se non ci sono le condizioni di sicurezza, gli stabilimenti si devono fermare. Le imprese devono metterci in condizioni di lavorare – dice Luigi Paone, segretario della Uilm torinese. I lavoratori sono preoccupati, tanti non se la sentono di andare a lavorare, dobbiamo salvaguardare la loro salute. II problema vero è che nel 60 per cento delle aziende il sindacato non è presente”. Agitazioni anche al polo Amazon di Torrazza Piemonte, dove la multinazionale ribadisce che tutte le misure di sicurezza sono state adottate e che c’è il massimo dell’attenzione. “Ora abbiamo qualche linea guida più chiara. Le aziende avranno bisogno di qualche giorno di chiusura per adeguarsi alle norme di sicurezza. Molte sono indietro” – ha detto Davide Provenzano, segretario della Fim torinese, che accusa «le associazioni datoriali di essere troppo silenti: i tassi di assenteismo nelle fabbriche sono altissimi, fra 11 35 e il 40 per cento, i lavoratori hanno paura. Le aziende chiudono a macchia di leopardo». Risponde il presidente dell’Api, Corrado Alberto: “Le piccole imprese riusciranno ad applicare il protocollo, le norme sono applicabili. Sta rallentando tutto, ma chi sospende l’attività lo fa perché manca la domanda. E necessario mantenere la calma, valutare bene i provvedimenti”. Cgil, Cisl e Uil di Torino chiedono un tavolo ad hoc per monitorare la situazione a livello locale.

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