L’inquinamento invisibile: aprire contenitori di plastica danneggia l’ambiente

A indicarlo è una ricerca autraliana: aprire buste e bottiglie di plastica genera grandi quantità di microplastiche dannose per noi e per l’ambiente.

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(Foto di Christopher Furlong, da Getty Images)

A confermarlo stavolta è una ricerca australiana pubblicata sulla rivista Scientific Reports. E’ stata portata avanti dai ricercatori coordinati da Cheng Fang, dell’università di Newcastle (Australia). I dati sono incontrovertibili: aprire buste e bottiglie di plastica produce molte, troppe microplastiche. Per dare qualche numero: per 300 centimetri di plastica aperta vengono sprigionati dai 10 ai 30 miliardesimi di grammi di microplastica. E’ tutta plastica che va ad aggiungersi, sedimentandosi piano piano, alle tonnellate di plastica già disperse nell’ambiente. Secondo le previsioni, entro il 2060 si accumuleranno fino a 265 milioni di tonnellate di plastica. All’interno di questo numero esorbitante, il 13,2% potrebbe esser rappresentato dalla microplastica.

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Frammenti invisibili, dal peso di un miliardesimo di grammo che, apertura dopo apertura, raggiungeranno il peso di centinaia di tonnellate. Lo studio si inserisce all’interno di un’analisi delle microplastiche che va avanti da tempo. Ma aggiunge un punto di svolta. Fino ad ora si credeva che le microplastiche fossero generate soprattutto dall’industria, ad esempio nei cosmetici esfolianti e scrub, o indirettamente dalla rottura nel tempo degli oggetti di plastica. Ora la scoperta: aprire, tagliare, strappare contenitori di plastica, ogni attività quotidiana di questo tipo, fa sentire il suo peso. Tuttavia, se è chiaro il peso di plastica sprigionata, ancora non sono chiari il grado di tossicità e le modalità di ingerimento.

Ingeriamo una carta di credito a settimana

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(da Getty Images)

E’ di nuovo uno studio dell’Università di Newcastle a dimostrarlo, questa volta del 2019. Secondo i risultati, ogni settimana ingeriamo circa 5 grammi di microplastiche. Il peso di una carta di credito. La plastica ha una resistenza di centinaia di anni. In questo modo si espone all’usura, e si “sbriciola” in microplastiche, particelle più piccole di 5 millimetri. Così leggere, possono viaggiare via aria, acqua e tramite gli alimenti che ingeriamo.

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Stando allo studio dell’Università, commissionato dal Wwf, in media ingeriamo ogni settimana circa 2000 particelle di microplastiche. Addirittura, l’Università di Victoria in Canada si spinge oltre, e azzarda: un consumatore medio ogni anno ingerisce 50mila particelle di microplastica. Ma come afferma Richard Lampitt del National Oceanography Centre del Regno Unito: “C’è ancora molta incertezza, sono necessarie ulteriori ricerche per capire l’impatto a lungo termine dell’esposizione da plastica sull’uomo”.

 

 

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