Coronavirus, in attesa della riconversione delle industrie, ci pensano gli studenti

L’esempio del Politecnico di Milano e di quello di Torino dove studenti e ricercatori stanno lavorando in una facoltà vuota per aiutare i medici.

Al politecnico di Milano si preparano centinaia di litri di disinfettante e igienizzante per gli ospedali (Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

Quelle teste del Politecnico

Quando si parla di eccellenza universitaria italiana di solito si fa riferimento al Politecnico di Milano e a quello di Torino che, pur con vocazioni e spessori diversi, preparano ingegneri di valore straordinario che finiscono al CERN, alla NASA o nelle grandi multinazionali della farmaceutica o della robotica. In questi giorni il Politecnico è tornato d’attualità.

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Igienizzante a ettolitri

Ufficialmente le due facoltà sono chiuse e gli studenti sono a casa, collegati alle piattaforme didattiche perseguire qualche lezione e preparare gli esami. Ma ci sono anche molti studenti e ricercatori che, come i medici negli ospedali, non mollano. E danno tutto. A Milano, di fronte alla carenza di prodotti sanificanti un manipolo di studenti di chimica si è riunito nel laboratorio Giulio Natta per produrre litri e litri di soluzione disinfettante e igienizzante per rifornire la protezione civile. Il tutto mentre il governo parla di stringere ulteriormente il lockdown nel paese. Studenti e ricercatori, tutti giovanissimi: mascherina calata sul volto, guanti e occhi fissi sui flaconi miscelano soluzioni e riempiono taniche di plastiche da dieci, venti e cinquanta litri. Una fabbrica che lavora a pieno regime: su ogni contenitore una semplice etichetta stampata con un pc e il marchio del Polimi con la data di fondazione del prestigioso istituto: 1863.  

Studenti cinesi per Torino

A Torino invece sono arrivate mascherine donate da un gruppo di ex allievi cinesi (tantissimi anche a Milano). I cinesi che vivono nelle università parlano l’italiano come possono, alcuni non lo impareranno mai: ma ci tengono a farsi chiamare in italiano. Con nomi di fisici, astronomi, matematici e scienziati del nostro paese. A Milano ci sono un Galileo, un Archimede, un Leonardo e un Pico. Dalla Cina, attraverso il social WEChat, oltre trecento studenti che si sono laureati in Italia hanno raccolto 17mila euro in 72 ore. E hanno comprato guanti e mascherine che in Cina si trovano molto facilmente e a basso costo, per una spedizione urgente Il materiale arriverà al PoliTo e sarà consegnato alla Protezione Civile regionale.

Tracciare i malati? Si può

Intanto a Milano si sta cercando di capire come tracciare gli utenti on line anche per contenere l’epidemia del coronavirus: ma servono i dati degli operatori di telefonia mobile, delle app, o dei colossi come Facebook e Google.

Antonio Capone, professore ordinario di Telecomunicazioni e preside della Facoltà di Ingegneri al Politecnico di Milano ritiene sia tecnicamente possibile: “Tracciare i flussi è una cosa, tracciare le persone con una sorta di braccialetto elettronico è un’altra, legalmente non si può fare e ci devono essere provvedimenti giudiziari appositi, come nel caso di rapimenti o indagini. Sono le autorità che si stanno occupando dell’emergenza, quelle sanitarie e la Protezione Civile, a dover stabilire di cosa hanno bisogno. Se vogliono informazioni sulla base di una cella telefonica e queste le possono fornire gli operatori TLC”. L’Asstel, l’associazione che li riunisce, si è detta disponibile a collaborare con il governo.

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La produzione di soluzioni igienizzanti al ‘Giulio Natta’ del Politecnico di Milano (Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

Il GPS per capire come si sposta il virus

Ma con il GPS si potrebbe fare molto di più.  La creazione di una nuova app per la sicurezza è al vaglio di un team di esperti. Esiste ma non ne parla nessuno. Al momento quest’app non ha nemmeno un nome e ovviamente non è disponibile sugli store digitali. Tuttavia, se installata sul telefono, aiuta a ricostruire i movimenti delle persone positive al coronavirus e di chi è entrato in contatto con loro.  Ci sono stati anche contatti con il governo “ma al momento non c’è nulla di nuovo”, spiega all’ANSA Luca Foresti, fisico e amministratore delegato della rete di poliambulatori specialistici Centro Medico Santagostino che fa parte del team che sta elaborando l’applicazione insieme a Giuseppe Vaciago, avvocato ed uno dei maggiori esperti nella protezione dei dati sensibili in Italia e le società tecnologiche Jakkla, Bending Spoons e Geouniq. Paradossi: nell’era della privacy i nostri dati sono spiati da chiunque. Ma se dovesse servire sul serio per salvare delle vite, i dati resterebbero segreti (sulla carta).

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