I Coronabond non passano, l’Europa è di nuovo spaccata in due

Da una parte Olanda e Germania che non si fidano dei conti dei paesi da tripla A e vogliono il Mes. Dall’altra i paesi che oltre a pagare vorrebbero anche avere gli aiuti che non arrivano mai. Dopo una lite di sei ore tutto rinviato di dieci giorni.

Conte durante la riunione in video conferenza con gli altri leader dell’Unione – meteoweek

Quel nome…

Il nome, Coronabond, non piace a nessuno. Nemmeno al presidente del consiglio Giuseppe Conte che lo ha detto chiaramente ieri nel corso della lunga assemblea con il Senato. Ma potrebbero essere una soluzione se la recessione che sta incombendo sull’Unione Europea a causa del virus diventasse rischio di default per uno o più paesi. Un rischio tutt’altro che remoto.

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Fumata Nera

Per ora tuttavia l’emissione dei Coronabond non passa: ci sono volute sei ore di discussione e parecchi pareri contrari – il primo è stato proprio quello dell’Italia che aveva posto il veto su un testo di conclusioni già acquisito e frettoloso. I 27 leader dell’Unione Europea hanno deciso di prendersi almeno quindici giorni per parlare tra di loro e verificare altre strategie.

Dichiarazione che non dichiara

Il verbale della riunione al termine del meeting non dice praticamente nulla. Tutte le possibilità restano aperte pur senza citare né i Coronabond né il Mes, che la Germania voleva inserire nel testo finale e che l’Italia ha fatto rimuovere. Salvini ieri in Senato aveva tuonato contro il Mes definendolo “un rischio che avrebbe venduto per l’ennesima volta il paese ai potentati dell’Europa indebitando i nostri figli”.

La spaccatura

Quello che emerge è una profonda spaccatura tra Nord e Sud, tra chi vuole condividere risorse e rischi e chi invece preferisce gestirsi le crisi da solo anche a costo di approfittare del coronavirus per addurre motivi superiori per uscire dall’Eurozona. Il testo è un perfetto esempio di compromesso politico: non dice niente e non accontenta nessuno.

“Dieci giorni”

Giuseppe Conte, a metà riunione, di fronte all’empasse di una discussione sterile e immobile… aveva provato anche ad alzare i toni: “Se serve tempo prendiamoci dieci giorni – aveva detto il premier italiano -e non di più – dieci giorni per battere un colpo, per dimostrare di essere vivi. E se qualcuno pensa di usare i mezzi del passato, non si disturbi. L’Italia ha bisogno di altro”. Il riferimento anche troppo chiaro era ai contentini per il dramma dei migranti che aveva lasciato l’Italia in pieno dramma, assumendosi costi e rischi di un’emergenza globale che agli stati del nord faceva comodo fosse solo spagnola e italiana.

Le varie posizioni

La Germania vuole il Mes, così come Finlandia e l’Olanda il cui primo ministro spiega che Amsterdam non appoggerà mai questa soluzione: “Porterebbe l’Eurozona in un altro territorio, sarebbe come attraversare il Rubicone. L’Eurozona ha creato i suoi strumenti, come il Mes, che può essere usato in modo efficace, ma con le condizionalità previste dai trattati. Non posso prevedere alcuna circostanza in cui l’Olanda possa accettare gli eurobond”. Da sottolineare che in questo momento l’Olanda è uno dei paesi con le banche più forti del mondo.

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Conte durante la riunione in video conferenza con gli altri leader dell’Unione – meteoweek

Il fronte dei bond

Di fatto Il Nord non si fida del modo di gestire i conti pubblici del Sud (Italia in testa), ed esattamente come dieci anni fa non è pronto a mettere in comune risorse, tantomeno i propri debiti, facendo da garante a Paesi al di sotto della tripla A. Non è un’emergenza sanitaria e poi anche economica internazionale: ma la solita dannata questione di soldi. Favorevoli ai Coronabond – che potrebbero essere ribattezzati Carebond o Healthbond – cura e salute suona un po’ meglio che il virus che ci sta devastando – sono Italia, Francia, Spagna, Irlanda, Belgio, Grecia, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia.

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