Coronavirus, il professor Zangrillo: “Il comitato scientifico sbaglia!”

Il primario di Anestesia e Rianimazione del S.Raffaele di Milano è netto: il virus si sta indebolendo, è il momento del coraggio e del buon senso.

Il professor Alberto Zangrillo

“Partiamo da questo dato di fatto, semplice, chiaro, inoppugnabile? Noi da tre giorni, al San Raffaele, non vediamo più un malato grave di Covid”: parte così l’intervista che il professor Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione  al San Raffaele di Milano ha rilasciato a Tpi.it. Una consapevolezza che nasce dall’essere stato “in prima linea” durante tutta l’emergenza: “Tutti coloro che hanno guardato questa malattia negli occhi, trovandosi faccia a faccia con lei, osservano “clinicamente” l’abbattimento della forza del virus” ha spiegato Zangrillo. Il professore, tra i medici di terapia intensiva più noti d’Italia, crede fermamente nel fatto che – data la diminuità aggressività del virus – sia il momento di riaprire. E dunque l’atteggiamento del Comitato Tecnico Scientifico è eccessivamente prudente: “Io ne sono convinto” spiega Zangrillo “altrimenti i pazienti salvati dalla malattia moriranno di fame. Io credo, lo dico con il massimo rispetto, che nel comitato scientifico che prende tutte le decisioni oggi ci sia un problema. Devono cambiare, aprirsi. O accolgono tra di loro qualcuno che il Covid lo ha incontrato, o ascoltano le sue idee.  Sono tutti ottimi professionisti, sia chiaro, che però hanno una conoscenza astratta della clinica del virus”. Una condizione che, forse, genera eccessivi vincoli e timori in chi deve decidere: “Ma i commercianti” afferma Zangrillo devono poter riaprire. Devono poterlo fare con regole sensate. Devono recuperare il diritto alla speranza”.

LEGGI ANCHE -> Coronavirus: in bici con il figlio, mascherina sul manubrio. Multato

LEGGI QUI -> Scuola, Azzolina annuncia: “La maturità sarà in presenza”

Riaprire, perchè altrimenti chi si è salvato dal virus rischia di morire di fame: una battuta, una iperbole che spiega bene quello che per Zangrillo ora è necessario: ripartire. Con criterio, ma senza paura: “Quando ho pensato all’acronimo della seconda fase ho immaginato a quattro sostantivi significativi, legato da un filo concettuale comune” spiega il professore. POST: Primo: “Prudenza”. Secondo: “Organizzazione”. Terzo: “Sorveglianza”. Quarto: “Tempestività”. Individuare subito il malato e poi sbrigarsi nel curarlo. Perchè uno dei problemi – tragici – che si sono verificati è questo: difficoltà ad individuare il malato, e lentezza nel curarlo. “Il malato di Covid arrivava troppo tardi in ospedale. E questo – non lo dico certo per cercare colpevoli, ma per spiegare cosa è accaduto – ha sicuramente fatto salire i tassi di mortalità”. Ora la situazione è diversa: il sistema sanitario ha fatto esperienza del virus, difficile – per Zangrillo – che si ripeta una situazione come quella che abbiamo subito nei primi mesi della pandemia. E comunque il giudizio dell’illustre “intensivista” non è del tutto negativo, nemmeno della “Fase 1”: “È indubbio che se fosse accaduto in un altro paese quello che è accaduto in Italia avremmo avuto una strage. E poi i numeri di America, Francia e Inghilterra, se li vai a studiare sono tutti peggiori dei nostri. C’è stata una concatenazione  di eventi drammatici che hanno portato a mantenere a domicilio quelli che avrebbero dovuto essere curati prima. E non avevamo ancora elaborato una strategia farmacologica adeguata”. Ma ora, per il professor Zangrillo e non solo, è il momento di ripartire.

Impostazioni privacy