Fase 2, dopo la riapertura spunta una “tassa Covid”

I commercianti e titolari di attività riaperte con l’inizio della Fase 2 hanno applicato un surplus nel costo dei servizi. Si oscilla tra 2 e 4 euro. Il Codacons denuncia azioni legali.

parrucchiere fase 2

Quello che in molti temevano, alla fine è effettivamente avvenuto. Stiamo parlando del rialzo dei prezzi in buona parte delle attività che sono riuscite a riaprire, dopo il via alla tanto attesa Fase 2. Ma se in alcuni casi questi aumenti, quantificabili in una manciata di centesimi, potrebbero sembrare fisiologici per avere un incentivo a veder crescere i guadagni, ecco che c’è chi, come ad esempio i parrucchieri, non si fa scrupoli nel farlo notare ai clienti. Si potrebbe parlare di una vera e propria “tassa Covid”, che viene applicata in alcuni esercizi commerciali.

Ma come viene applicata questa specie di tassa, che una volta tanto non arriva dalle istituzioni ma dalle stesse attività? Si tratta di un surplus che nella maggior parte dei casi viene segnalata già nello scontrino affidato nelle mani del cliente. Talvolta viene mosto come “contributo Covid 19”, mentre in altri casi si specifica a cosa è dovuta questa maggiorazione del prezzo per la prestazione. Sono diversi gli esercizi commerciali che applicano questo surplus, ad esempio dopo un taglio di capelli, e lo giustificano con la necessità di rilanciarsi poco alla volta dopo il via della Fase 2.

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C’è chi sottolinea che si tratta di un contributo per poter sostenere le spese di sanificazione e di igienizzazione di locali e mezzi. E c’è chi invece parla in maniera generica di questo contributo Covid-19, che di fatto vuol dire tutto e non vuol dire niente. Il Codacons ha raccolto tutta una serie di segnalazioni, portando alla luce quelle più bizzarre. Come ad esempio quella secondo la quale vengono imposti, in un centro per la cura del corpo, “kit obbligatori da indossare con costo extra di 10 euro a carico del cliente”.

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Più in generale, il costo di questi contributi si attesta tra i 2 e i 4 euro. E come detto, vengono quasi sempre segnalati negli scontrini o nelle fatture rilasciate dagli esercenti. “Si tratta di una sorta di tassa di sanificazione applicata da parrucchieri, estetisti e alcuni dentisti – rivela il presidente dell’Unione nazionale consumatori Massimiliano Dona -, una prassi scorretta che si sottrae forse anche da un punto di vista fiscale alla somma dovuta al consumatore”. Ma più in generale, come segnala ancora il Codacons, stanno arrivando “decine di segnalazioni sugli incrementi dei listini dei parrucchieri”. L’incremento diffuso è di circa il 25%, ma anche con punte che arrivano addirittura al 66%.

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