Di Giacomo: esercito a controllare le carceri, allarme possibili nuove proteste

Aldo Di Giacomo lancia un allarme in merito a possibili nuove proteste nelle carceri italiane: richiesto a prefetture e istituti di pena di stare in allerta e di ampliare l’uso dell’esercito per controllare il perimetro esterno delle strutture.

Aldo Di Giacomo - carceri
Aldo Di Giacomo, segretario generale S.PP. – foto via Basilicata24

Con il rientro dei boss nelle carceri italiane, si preannunciano dei rischi di rivolta nelle varie strutture penitenziarie italiane. In tal senso, il supercarcere di Sulmona (provincia dell’Aquila) ha già mandato in campo l’esercito per presidiare le aree circostanti a quelle mura che ospitano 400 detenuti in alta sicurezza, di cui 75 al 41 bis. Su ordine della Prefettura, allora, sono 30 i militari che sorvegliano la struttura giorno e notte, una decisione ben accolta anche da Aldo Di Giacomo.

Condividiamo la decisione di utilizzare l’esercito per presidiare il perimetro del carcere di Sulmona e auspichiamo utilizzo anche in altre strutture carcerarie Italiane”, esordisce infatti il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria, in una nota ufficiale, mentre parla di una scelta condivisa da estendere ad altre carceri della penisola.

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Di Giacomo, esercito per tutte le carceri italiane

“I Ministeri della Giustizia e degli Interni di concerto con le Prefetture e gli Istituti di Pena potrebbero utilizzare gli uomini dell’esercito impegnati in strade sicure per presidiare tutte quelle strutture penitenziarie come quello di Sulmona con tutti detenuti di alta sicurezza e 41 bis”, spiega il segretario Aldo Di Giacomo attraverso un comunicato ufficiale.

E prosegue: “Nelle carceri della penisola attualmente ci sono 727 detenuti al 41 bis ed 8862 in alta sicurezza. Le regioni con maggiore presenza di 41 bis sono Lazio e Abruzzo con 244 presenze, mentre la regione con più alta sicurezza è la Campania con 1725 detenuti, seguita dalla Sicilia e dalla Calabria rispettivamente con 1282 e 1106. Gli istituti di queste regioni sono sicuramente quelli più a rischi proteste che a nostro avviso sono sempre nascoste dietro l’angolo. Nel mese di giugno molti detenuti di alta sicurezza usciti a causa del coronavirus torneranno in carcere e questo potrebbe costituire motivo di nuove tensioni cambiando uno scenario già molto teso”.

In molte carceri italiane lo Stato non ha il pieno controllo, questo è sicuramente un elemento di forza per chi volesse fomentare nuove violenze”, spiega Di Giacomo, sottolineando come “l’aiuto dell‘esercito da solo non basta per riportare l’ordine e la disciplina all’interno delle carceri Italiane”, e che “bisogna mettere in discussione il principio della fiducia a tutti ed a tutti i costi”.

carcere - struttura penitenziaria
foto di repertorio

Per il segretario generale del sindacato, bisogna quindi “interrompere la sorveglianza dinamica ossia le celle aperte che è stata sicuramente la madre di tutti i mali concedendola solo a chi la merita”. E anche “fornire strumenti normativi che vadano ad incidere pesantemente su chi introduce o cerca di introdurre ed utilizza telefonini negli istituti penitenziari, con l’introduzione di un reato specifico la cui pena sia non inferiore a 4 anni nel minimo”. Così come anche “aumentare le pene a chi introduce o spaccia droga negli istituti“.

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Infine, “ultimo ma non ultimo punire in modo esemplare chi approfitta della propria forza fisica e/o mentale per fare violenza nei confronti dei detenuti più deboli. Introdurre una norma specifica per chi osa violenza nei confronti della polizia penitenziaria la cui pena minima sia superiore a 4 anni nel minimo ed eliminando ogni forma di premialità ai detenuti che si rendono partecipi delle violenze”, conclude poi Di Giacomo.

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