Come la Svizzera sta accogliendo la fuga di capitali dall’Italia

fuga capitali italia svizzera
(Foto di Fabrice Coffrini, da Getty Images)
L’avvocato Enzo Caputo, fondatore dello studio legale Caputo & Partners, spiega per Il Sole 24 Ore cosa sta accadendo tra Italia e Svizzera in piena emergenza coronavirus, nelle ultime settimane. Caputo afferma: “Ricevo telefonate dall’Italia quasi ogni giorno. Mi chiamano perché vogliono aprire un conto che non sia in euro e vogliono mettere i soldi al sicuro, qui in Svizzera, chi per 80mila, chi per 150mila euro. Questa volta non sono milionari ma lavoratori dipendenti, anche impiegati statali”. La fuga di capitali è sorprendente, anche e soprattutto per chi in genere si occupa di spostamento di soldi dall’Italia ad altri Paesi con un regime fiscale più conveniente, come ad esempio la Svizzera. Caputo spiega, allora, cosa è accaduto di così diverso durante l’emergenza coronavirus.

Fuga di capitali, tra anomalie e cifre in aumento

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(Foto di Fabrice Coffrini, da Getty Images)
In primis, la clientela. Si tratta, ora, anche di piccoli risparmiatori, non solo di grandi imprenditori. Caputo viene allora investito di telefonate da clienti per lui inusuali, preoccupati per il futuro dei loro risparmi, interessati a spostare i soldi altrove, fuori dall’Italia. “Chi chiama non rientra nel mio target, perché la mia clientela deve possedere almeno 500mila euro per poter diversificare gli investimenti, ma mi interpellano perché sono preoccupati. Hanno paura di una possibile imposta patrimoniale e non vogliono investire i loro soldi ma solo lasciarli al sicuro in una banca svizzera. In franchi svizzeri”. Ecco l’altra anomalia. Gli attuali clienti vogliono che i soldi vengano trasformati in franchi svizzeri, probabilmente preoccupati per l’instabilità dell’euro.

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Sulla reale entità del fenomeno di fuga dei capitali mancano ancora cifre più esatte, ma da tempo ormai le varie agenzie di monitoraggio registrano un particolare fermento nello spostamento di capitali dall’Italia verso altri Paesi. Il fermento è diventato fibrillazione sotto emergenza coronavirus. Per avere cifre più sicure bisogna attendere ma, come riportato dal Sole 24 Ore, alcune fonti fanno notare la presenza di operazioni anomale e sospette, accanto ai movimenti in chiaro. Tant’è che queste manovre sarebbero state sottoposte ai controlli dell’Uif, l’Unità di intelligence finanziaria della Banca d’Italia. Si tratta di operazioni che vanno avanti da tempo, ora in aumento non solo a causa dell’emergenza coronavirus. E’ bastato paventare la possibilità di applicare una patrimoniale (ipotesi poi smentita) per alimentare la fuga di capitali.

Il rientro dei capitali

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(Foto di Yann Schreiber, da Getty Images)

La crisi si inserisce in un quadro già critico per l’Italia che, piegata dal lockdown, rischia di assistere a una crisi pervasiva in diversi settori. Un’eccessiva fuga di capitali potrebbe dare il colpo di grazia. Tant’è che il Ceo di Banca Intesa, Carlo Messina, in un’intervista al Sole 24 Ore ha affermato: “Ci sono ancora 100-200 miliardi di euro dei risparmiatori italiani fuori dall’Italia. Ora è arrivato il momento di farli rientrare. I possessori potrebbero così dimostrare di credere nel proprio paese”. L’idea è di attirare nuovamente i capitali ormai fuori dall’Italia, per consentire un loro reinvestimento e, dunque, una preziosa iniezione all’economia italiana. Stando ai dati dell’Agenzia delle Entrate, infatti, l’ultima voluntary disclosure ha fatto emergere nel 2015 quasi 60 miliardi di euro detenuti dagli italiani all’estero. Di questi, ben il 70% (circa 41,5 miliardi) era depositato in Svizzera, il 7,7% nel Principato di Monaco, il 3,7% alle Bahamas, il 2,3% a Singapore, il 2,2% in Lussemburgo e l’1,9% a San Marino. Dai nuovi modelli Ocse invece emergono altri dati, ancor più alti: sarebbero 85 i miliardi di euro depositati dagli italiani nelle banche estere. Tuttavia, è necessario ricordare, si tratta sempre di cifre con un largo margine di errore. Per una serie di motivazioni politiche, economiche, fiscali e finanziarie è difficile fare una stima esatta della portata del fenomeno.

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Tuttavia, esistono delle stime attendibili, per quanto possibile, ed è bene dirle. Secondo uno studio del Dipartimento per la fiscalità generale e l’unione doganale della Commissione europea, la quota di soldi nascosti dai contribuenti italiani nei paradisi fiscali sembra altissima: 142 miliardi di euro. Si tratta di circa l’8,1% del Pil. Inoltre, la cifra diventa sempre più esorbitante se si pensa che dal conteggio restano esclusi gli immobili, i contanti, le criptovalute, le opere d’arte, i diamanti, l’oro, le auto di lusso, gli oggetti di antiquariato e le polizze vita.

Aumenta la fuga di capitali? Si inasprisce la lotta all’evasione

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(Foto di Andreas Solaro, da Getty Images)

Fabio Di Vizio, sostituto procuratore a Firenze, fornisce la testimonianza della sua esperienza personale su un presunto aumento della fuga dei capitali: “La mia sensazione è che ci sia un deflusso costante di risorse. La tendenza mi sembra abbastanza marcata e netta”. Anche l’ex ministro delle Finanze Visco dice la sua: “So che hanno ripreso a circolare valigie piene di soldi ma la cosa che non mi spiego è come vengano fatti sparire, visto che prima o poi questi soldi dovranno approdare in qualche banca”. Insomma, la fuga di capitali dall’Italia avviene anche nei modi più torbidi. Come ricorda Caputo, un’altra richiesta tipica degli italiani, soprattutto di recente, “è quella dell’oro fisico, da conservare fuori dal sistema bancario, in cassette di sicurezza. Comprano lingotti piccoli e monete d’oro di un’oncia, come asset protection. Non vogliono acquistare oro dalle banche, ricevendo in cambio un certificato di carta, vogliono l’oro vero”. Il sistema è semplice: con i soldi contanti ritirati in Svizzera si acquista direttamente oro fisico. L’oro viene depositato nelle cassette di sicurezza non controllate da banche. E’ un ottimo modo per far sottrarre i lingotti a qualsiasi radar di sorveglianza, mantenendo l’anonimato.

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Ad ogni modo, proprio per questo il Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco è passato al contrattacco. Ha costituito un pool di magistrati interessati esclusivamente a indagare su 220 banche estere sospette. Le banche avrebbero concesso mutui ai cittadini italiani senza versare nessuna ritenuta alla fonte. Dall’inchiesta, partita nel 2019, si iniziano a ottenere i primi risultati: più di 150 milioni di euro sono stati versati dalle banche straniere al fisco italiano. I flussi di capitale sommerso valgono circa 3 miliardi di euro. Ora queste cifre sono emerse, e diventano imponibili. In sostanza, più soldi nelle casse dello Stato grazie alla lotta all’evasione. Il pool si concentra ora anche sull’esistenza di strutture come trust, fondazioni, società anonime. Tutte realtà fiscalmente ambigue, create per nascondere i capitali all’estero e mantenere l’anonimato di fronte a controlli fiscali.

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