Uber, condanna per caporalato: migranti sfruttati e sottopagati

Il tribunale di Milano ha condannato i vertici italiani di Uber. Avrebbero sfruttato persone provenienti da Paesi in guerra e persone in stato di bisogno.

uber

Arriva una dura condanna nei confronti di Uber, la società di spostamenti privata che opera nelle principali città. La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto il commissariamento della società italiana che opera nel nostro Paese. Si tratta di un provvedimento piuttosto duro, che vede l’accusa principale di caporalato. In particolare, si accusano i vertici italiani di Uber di aver sfruttato i rider che si sono occupati della consegna di cibo. Si trattava per la maggior parte dei casi di persone che venivano sfruttate in base alla loro provenienza.

Nel verbale del tribunale di Milano si legge la testimonianza di un rider che si è occupato per l’appunto della sezione Uber Eats. “La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall’ora”, avrebbe dichiarato. E questo è uno dei motivi per cui è emersa l’accusa di caporalato nei confronti dei vertici della filiale italiana. Così, i giudici del tribunale meneghino sostengono che Uber, attraverso società che si occupano di fare da intermediari per la manodopera, avrebbero sfruttato migranti provenienti da Paesi in guerra, oltre ad altre persone in stato di bisogno.

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Uber – meteoweek.com

Tra questi ci sono anche soggetti che vivono presso centri di accoglienza temporanei o persone richiedenti asilo. Si tratta di persone la cui vulnerabilità è segnata da anni di guerre e povertà alimentare, come si legge nel decreto emesso dai giudici milanesi. Questi hanno tenuto in considerazione anche il forte isolamento sociale in cui vivono questi lavoratori, pertanto rendendo più grave la loro situazione. Questa condizione offre “l’opportunità di reperire lavoro a bassissimo costo, poiché si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere, sfruttate e discriminate da datori di lavoro senza scrupoli”.

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Gli indici di sfruttamento indicati da Fabio Roia, presidente della sezione misure di prevenzione, sono dunque due. Ovvero lo sfruttamento del lavoro e il fatto che i vertici di Uber approfittassero dello stato di bisogno dei dipendenti. Era questo il motivo per cui Uber Italy, nella sezione Eats, andava a procacciare in maniera spudorata lavoratori provenienti da zone conflittuali del pianeta. Per la maggior parte, trovavano persone disposte a lavorare per pochi euro l’ora da nazioni del Nord Africa e dell’Asia.

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