Benetton pronti a cedere Autostrade

Sul piatto la questione più delicata: la perdita da parte della famiglia Benetton della gestione di Autostrade.

Benetton cedono la gestione di Autostrade

Benetton vacilla ed il Governo si fa sotto per un’ultima scoccata. La sentenza della Corte costituzionale sull’esclusione di Autostrade dalla ricostruzione del ponte di Genova dà allo Stato il margine per ottenere ciò che finora non aveva ottenuto. Se la soluzione passasse dai numeri, la distanza fra le parti sarebbe colmabile. I capo di gabinetto dei tre palazzi coinvolti (Palazzo Chigi, Tesoro e Infrastrutture) ieri, hanno trattato a lungo con gli amministratori delegati di Atlantia (controllante di Autostrade) e della stessa Autostrade.

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Le trattative

La richiesta del governo è una riduzione immediata delle tariffe fino al 10%, Autostrade partiva dal 5% ma è disposta a trattare. Il governo chiede 3, 4 miliardi di compensazioni, Autostrade era ferma fino a ieri a 3 ma è disposta  a trattare. Il governo chiede inoltre una modifica della norma che regola l’eventuale revoca della concessione, Autostrade è disposta a discuterne. Come argomento c’è poi la questione più delicata: la perdita del controllo di Autostrade da parte della famiglia Benetton.  È nota comunque già da mesi la volontà dei Benetton di allentare la propria presenza dentro Autostrade. La famiglia, attraverso Edizione, controlla il 30% di Atlantia, che a sua volta ha in mano l′88% di Autostrade. Fino ad ora si era ragionato sulla possibilità di diluire la quota fino a scendere al massimo al 51%, in modo da tenere comunque il comando. A condizione che la discesa avvenisse attraverso un aumento di capitale da parte dei soggetti che prenderanno in mano il controllo della società.

Un governo dilaniato

Il governo ha fatto sapere di aver dato tempo fino a lunedì, quando dovrebbe esserci un nuovo incontro. Se non fosse l’ennesimo, potremmo definirlo un ultimatum. Di qui a un mese sarà inaugurato il nuovo ponte, i Benetton e gli altri soci del gruppo sono indeboliti. Dopo la modifica con l’ultimo decreto Milleproroghe del valore della concessione (da 23 a 7 miliardi) il rating delle obbligazioni di Autostrade è junk (spazzatura): se non è ancora fallita, lo si deve ad un prestito della capogruppo. Non sono gli azionisti di Autostrade, il problema, ma quelli del governo. La maggioranza arriva al taglio del nastro dilaniata: Pd contro Cinque Stelle e viceversa, il premier Conte contro i suoi ministri e viceversa. Va detto inoltre che fra gli stessi Cinque Stelle c’è chi — vedi Alessandro Di Battista — alimenta il fuoco della richiesta di revoca della concessione. Le amministrative sono prossime (a settembre, anche in Liguria) e non c’è argomento migliore per recuperare il consenso perduto.

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Benetton pronti a cedere autostrade

Il prezzo delle azioni e il prezzo politico

Conte finora è riuscito a prendere tempo, l’unica arma che aveva a sua disposizione. Secondo una fonte, nei giorni scorsi, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli si è spinta ad ipotizzare coi vertici della società l’uscita totale di Atlantia da Autostrade. Una richiesta finita nel nulla, ma che lascia intendere il clima attuale. Fra zero e 88% in realtà c’è il compromesso che porrebbe fine all’estenuante trattativa. La soluzione la stanno affrontando i consulenti delle due parti, ed è simile a quella che evitò il fallimento di Salini-Impregilo. Cassa depositi e prestiti è disposta a partecipare a un aumento di capitale dedicato che farebbe scendere i Benetton (o meglio, Atlantia, dentro cui ci sono diversi investitori internazionali) sotto il 50% di Autostrade. Solo i Cinque Stelle, a quel punto avrebbero a disposizione l’argomento politico definitivo: le Autostrade sono tornate nelle mani dello Stato. O meglio, in quelle dei risparmiatori postali che avevano già contribuito a salvare dal fallimento proprio la società di costruzioni che ha rimesso in piedi il ponte di Genova. «È una questione di prezzi», dice una fonte impegnata nella trattativa. Il prezzo delle azioni dei Benetton, quello politico dei Cinque Stelle.

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