Dario Chiappone, sgozzato a 27 anni: la storia di una vendetta d’amore

I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, su delega della locale Procura Distrettuale hanno ricostruito la storia dell’omicidio di Chiappone.

Dario Chiappone, sgozzato a 27 anni: scoperto l’incredibile movente – meteoweek

Individuati finalmente i mandanti dell’omicidio Chiappone: i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, su delega della locale Procura Distrettuale, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania nei confronti di due persone, una delle quali elemento di spicco della famiglia mafiosa catanese SANTAPAOLA-ERCOLANO, ritenute essere coinvolte nell’omicidio di Dario Chiappone, sgozzato a 27 anni in via Salvemini a Riposto nell’ottobre del 2016. Il movente, è emerso dalla indagini, è legato a motivazioni sentimentali ed economiche riconducibili al suo rapporto di frequentazione con una donna, che era l’ex convivente con uno degli indagati destinatario del provvedimento cautelare.

Chiappone aveva una relazione con una donna che era stata con un boss – meteoweek

Il ragazzo perse la vita a 27 anni con 16 coltellate alla gola e al torace. Per il delitto, in primo grado, la Corte d’assise di Catania, presieduta da Sebastiano Mignemi, il 20 marzo scorso ha condannato all’ergastolo Agatino Tuccio e a 23 anni di reclusione Salvatore Di Mauro. Nell’inchiesta sull’omicidio è stato indagato anche il ‘killer delle carceri’, Antonio Marano, 76 anni. A metterlo al centro delle indagini le sue impronte digitali trovate da militari del Ris sul luogo del delitto. Nel dicembre del 2019 i carabinieri gli notificarono un’ordinanza di custodia cautelare nel carcere in cui era già detenuto. Come si ricorderà, la sera dell’omicidio Chiappone si trovava in automobile con una donna in via Salvemini, dove fu raggiunto da due uomini con il volto coperto che, dopo averlo letteralmente tirato fuori dall’automobile, lo accoltellarono brutalmente causandone il decesso. La testimonianza della donna fu determinante per ricostruire le dinamiche che portarono alla morte del giovane. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, sono state delegate ai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania che, coadiuvati da quelli della compagnia di Giarre, in sede di sopralluogo sulla scena del crimine trovarono delle buste di plastica abbandonate dai presunti assassini sul luogo del delitto.

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Dalla rilevazione di alcune impronte papillari, impresse proprio su quelle buste, gli investigatori, tramite esami di laboratorio, riscontrarono che queste appartenevano ad Agatino Tuccio, poi condannato.

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