Strage di Corinaldo, l’avvocato: sentenza ingiusta per i tre imputati

“E’ una sentenza ingiusta per noi, almeno parlo per i miei assistiti”, così l’avvocato Gianluca Scalera, difende tre dei sei imputati per la strage di Corinaldo: Moez Akari, Andrea Cavallari e Souhaib Haddada.

Rimaniamo in attesa di leggere le motivazioni per capire come, a questo punto, come i ragazzi saranno condannati. La sentenza è stata pronunciata da Paola Moscaroli e riguarda gli avvenimenti della strage al Lanterna Azzurra di Corinaldo, dove nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018 fu spruzzata una sostanza urticante per rubare catenine e oggetti preziosi ai giovanissimi che aspettavano di ascoltare la performance musicale del trapper Sfera Ebbasta. “Rispetto alla richiesta della Procura (dai 16 ai 18 anni) la pena erogata dal giudice è sensibilmente più bassa, vuol dire, penso – sottolinea l’avvocato – che il giudice ha accolto anche le nostre considerazioni su quella che era la responsabilità maggiore di questa tragedia, della discoteca e del crollo della balaustra”. “Con i ragazzi non abbiamo avuto modo di parlare, sono stati portati via – continua – Avevano timore di una pena di 18 anni chiesta dal Pubblico Ministero, quella presa tra i 10 e gli 11 anni è sensibilmente diversa”, conclude l’avvocato dei tre. Dovrà essere tenuto conto del concorso causale delle gravi violazioni delle misure di sicurezza della discoteca. In questo caso infatti, ci sarebbero molti altri responsabili che mancano all’appello.

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Il processo: l’associazione a delinquere non è stata considerata

Il giudice ha ritenuto insussistente l’associazione a delinquere, le motivazioni del carcere per i ragazzi sono altre e ormai sono note a tutti. L’avvocato Alessandro Cristofori, legale di Badr Amouiyah, imputato insieme ad altri cinque per la strage al Lanterna Azzurra, ha commentato così la sentenza di condanna pronunciata nel Tribunale di Ancona. “Tecnicamente (il Gup) ha applicato un istituto che invece la pubblica accusa non aveva chiesto, che è quello probabilmente del concorso formale che determina una mitigazione della pena rispetto alle richieste della pubblica accusa. Non posso dirmi soddisfatto – continua l’avvocato – se penso che uno non debba essere condannato, ma le sentenze le valuto quando le conosco, sicuramente le pene inflitte sono inferiori rispetto a quelle richieste dalla pubblica accusa”.

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