Beirut, la Francia corre in soccorso: c’era un conto in sospeso

Il presidente Macron ha deciso di intervenire in maniera massiccia in soccorso di Beirut dopo la violenta esplosione. Il motivo è presto detto: un’azione diplomatica avviata quasi un anno fa e interrotta per via dell’emergenza Covid.

macron beirut

Emmanuel Macron e tutto l’Eliseo corrono in soccorso del Libano e della sua capitale. Si legge così il grande intervento che il Governo francese sta portando avanti, nei giorni che seguono la tragica esplosione dell’hangar nel porto di Beirut. Il presidente transalpino ha deciso di non perdere tempo e di aiutare in maniera massiccia uno dei Paesi più legati a quello che lui stesso sta governando. Basti pensare alla frase che ha pronunciato, sia attraverso i social che nella giornata di ieri, quando è arrivato a Beirut. “Perché è il Libano. Perché è la Francia. Perché siete voi, perché siamo noi”, ha detto Macron.

Sappiamo quanto sia già stato grande il dispiegamento di uomini e di mezzi che la Francia ha avviato verso Beirut. E lo stesso Macron, una volta approdato nella capitale libanese, ha fatto capire quanto sia importante, per lui e per tutto l’esecutivo, far sì che arrivi in Libano tutto il materiale umano e medico possibile. “Mi auguro – ha dichiarato – di organizzare la cooperazione europea e, più in generale, la cooperazione internazionale e la Francia prenderà nelle prossime ore delle iniziative alla luce di quello di cui parleremo qui con le squadre (di salvataggio, ndr) sul campo e con le autorità”. Ma non c’è solo l’umanità di Macron alla base di questo intervento.

Il presidente ha interrotto le sue vacanze per precipitarsi nella capitale libanese. E c’è un intervento in Medio Oriente, interrotto solo a causa dell’emergenza Covid, a spingerlo ad accelerare l’intervento di cui sopra. In Libano, infatti, sono in molti a vedere la Francia come una seconda patria. E questo è un motivo più che valido, secondo Macron, per effettuare un intervento massiccio, dal valore molto alto sul piano umano, ma ancor di più su quello politico. Anche perchè, come sappiamo già prima dell’esplosione dell’hangar, la situazione a Beirut è tutt’altro che agevole.

Emmanuel Macron – meteoweek.com

Sono in atto da settimane, infatti, diverse proteste civili. Motivo per cui Macron, all’arrivo all’aeroporto di Beirut, ha auspicato “un dialogo di verità, perché al di là dell’esplosione abbiamo una crisi che è grave, implica una responsabilità storica dei dirigenti in carica. È una crisi politica, morale, economica e finanziaria, di cui la prima vittima è il popolo libanese e impone delle risposte estremamente rapide”. Il presidente francese ha parlato anche della sua volontà di incontrare “la società civile, gli scrittori, gli intellettuali, i responsabili d’impresa, i giornalisti per avere un’altra voce e un altro sguardo sul Libano contemporaneo e la sua crisi”.

E le proteste popolari che hanno fatto seguito alla composizione del nuovo Governo hanno fatto il resto. Di fatto si è trattato di un accordo tutt’altro che popolare, visto che la grande influenza di Hezbollah ha fatto sì che venisse fuori un nuovo esecutivo. E anche alcune nomine hanno scatenato i manifestanti, per via di un esito elettorale tutt’altro che gradito da Macron. Quest’ultimo fa però capire che certe esigenze del popolo, evidenziate dalla Francia, “richiedono delle riforme indispensabili in certi settori: l’energia, i mercati pubblici, la lotta alla corruzione”.

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L’alternativa, secondo Macron, è presto detta: “Se queste riforme non sono fatte, il Libano continuerà a sprofondare”. Il tutto in favore degli oltre 23mila francesi in Libano, e soprattutto dei circa 210mila libanesi che vivono in Francia. E anche perchè il Paese è considerato la porta d’ingresso nel Medio Oriente. Da qui arriva una lettura ancor più chiara del massiccio intervento di Macron e del Governo francese a supporto di Beirut. Un aiuto all’apparenza disinteressato, ma che invece di interessi ne ha più di uno.

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