“Un tunisino ubriaco si è calato i pantaloni davanti a mia figlia”, la testimonianza da Lampedusa

La testimonianza di una donna di 49 anni di Lampedusa: “Trasformare il terreno di mio padre in un’azienda agricola non è stata una buona idea. Quando l’hotspot è pieno, la vita diventa difficile”

migranti
foto di repertorio

“Ero con mia figlia, quattordici anni. Stavamo raccogliendo erba fresca per i maiali. Da dietro a una pianta sono usciti in 12. Erano tunisini. Ubriachi. Ho avuto paura. Ammiccavano. Volevano offrirci dell’hashish. Uno di loro si è abbassato i pantaloni. Davanti alla mia bambina, capisci?”. Rosy, 49 anni di Lampedusa, racconta a Libero le sue difficoltà nel vivere una vita tranquilla, a pochi passi dal centro di accoglienza. E’ agguerrita e non le manda a dire. “Qui su non posso più salire da sola. Non so mai chi ci trovo. A me non mi tutela nessuno. Ma se trovo ancora qualcuno a casa mia, te lo giuro: gli sparo”.

Ha avuto un’idea, tempo fa, per provare una strada di successo: trasformare il terreno di suo padre in un’azienda agricola. Ma le è andata male. Perché l’appezzamento ricevuto in eredità si trova all’apice Nord del centro di prima accoglienza dell’isola. Proprio dove c’è un buco nella recinzione. Quando l’hotspot esplode, come in questi giorni, i migranti risalgono il promontorio portandosi dietro coperte, materassi, bottiglie di birra, un po’ di fumo. E campeggiano nella sua proprietà privata. Ricavandosi delle piccole piazzole relax all’ombra dei fichi d’india.

La visita perlustrata all’interno della sua proprietà

Non si rassegna a questa situazione e rilancia. Spesso utilizza termini forti. Guai a definire gli stranieri che arrivano coi barconi come “dei poveretti”: lei si ribella. E intanto ha guidato Libero per un tour all’interno dei suoi campi, facendo slalom tra bottiglie spaccate, piatti di carta sporchi, barattoli di tonno sott’ olio, materassi strappati e cilindri arrotolati con all’interno bisogni. “Guarda qua! Qui mangiano, bevono, dormono, fanno i loro bisogni. C’è spazzatura ovunque! Chi la toglie? Io non la tocco”. “Volevo portare avanti un’altra area, in semi costruzione. Mi sono fermata, non ho fatto più nulla. E come si fa? Sono entrati dentro forzando le serrature, portandosi droghe e donne. Uno schifo”.

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Infine, la denuncia. “Avevo venticinque galline, me le hanno mangiate tutte. Pure i capretti. Stessa fine. I maiali no. Ne ho quattro. Quelli non li toccano”. I musulmani non mangiano la carne suina. Per la loro religione è impura. Attraversando un falsopiano arido e ciottoloso si arriva infine a una sorta di capanno naturale, formato da piante di fico e pini piegati dal vento. “Mi sono spariti anche quattro cani. Li hanno mangiati. Cucinati. Arrostiti. Si vedono ancora i resti, è incredibile”.

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