Caporalato StraBerry, bracciante testimonia: “Ci dicevano poveracci africani, negri e animali”

Continuano le indagini relative ai casi di caporalato all’interno dell’azienda italiana StraBerry. Spunta la testimonianza di un bracciante: “Ci dicevano poveracci africani e usavano parole come negro e animale”.

Caporalato StraBerry - bracciante
Caporalato StraBerry – foto di archivio (via web)

Rimangono puntati i riflettori contro StraBerry, l’azienda agricola che a soli quindici chilometri da Milano si è resa palcoscenico di sfruttamento dei braccianti. Secondo quanto è stato ricostruito attraverso l’inchiesta condotta dalla compagnia di Gorgonzola della Guardia di Finanza, i più dipendenti più “fortunati” arrivavano a guadagnare 4,50 euro all’ora. Una realtà completamente diversa, dunque, rispetto a quella che la stessa compagnia fondata da Guglielmo Stagno d’Alcontres e dal valore di oltre 7,5 milioni di euro – promuoveva sul mercato. E ora spuntano dall’inchiesta anche le dichiarazioni degli stessi sfruttati.

Spinte, sputi e urla: “Ci dicevano poveracci africani”

“Mi ha detto che siamo dei poveracci africani che non hanno niente, poi mi ha spintonato violentemente provando a buttarmi fuori dall’ufficio e mentre mi spingeva continuava a venirmi sulla faccia e continuava ad urlare e sputacchiarmi in faccia”. Queste le parole che compongono il racconto di Mohamed, uno dei circa 100 braccianti extracomunitari sotto dipendenza dell’azienda StraBerry.

L’uomo ha raccontato agli inquirenti di essere stato trattato come un “animale” da uno dei capi che supervisionava il suo lavoro. Il verbale è ora agli atti dell’inchiesta, per a quale ora StraBerry è stata sequestrata. Ad indagare sulla vicenda è la procura di Milano, che ha già inserito nel registro 7 persone – tra cui lo stesso fondatore Guglielmo Stagno d’Alcontres.

Mohamed, originario della Sierra Leone, ha spiegato agli inquirenti lo scorso 28 luglio, di aver lavorato presso la Cascina Pirola di Cassina De’ Pecchi (Milano) – finita tra i beni sequestrati della società. Alle autorità avrebbe raccontato di essere stato da supervisori “molto offensivi”, che “sempre usavano parole come coglione, negro, cazzo, negro di merda, animali”.

Straberry e capolarato
Caporalato StraBerry – foto di archivio (via web)

Inoltre, avrebbe confermato come la paga oraria (“anche in caso di prestazioni lavorative effettuate come straordinario, festivo e straordinario festivo”) di una giornata lavorativa di nove ore fosse pari a € 4.50. Come si legge poi nel verbale riportato nella richiesta di sequestro firmata dal pm Gianfranco Gallo, e accolta dal gip Roberto Crepaldi, Mohamed “aggiungeva altresì come, durante le ore di lavoro, non fosse possibile parlare e neppure bere, a meno che il lavoratore non si fosse dotato di una bottiglietta d’acqua. Ove non avesse avuto la disponibilità della bottiglietta, non era possibile interrompere il lavoro neppure per bere”.

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“Ti è concesso bere solo, ma devi avere al seguito una bottiglietta d’acqua, non è concesso poter andare a bere alla fontanella quindi se non hai la bottiglietta non bevi ed io, quel giorno, me la ero dimenticata”, ha spiegato Mohamed durante il suo racconto. Ma le proibizioni contro i braccianti sfruttati non finiscono qui: “Non è possibile parlare con i compagni di lavoro, se si viene visti parlare dal Grande Capo lui ti manda subito a casa”.

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E sarebbero stati diversi i suoi colleghi che, per aver violato delle simili restrizioni, hanno perso il lavoro: “Ho visto tante volte Capo grasso mandare via le persone perché parlavano tra di loro. Non si può utilizzare il cellulare in nessun modo, anche in questo caso, se ti vede Capo grasso o Capo Enrico (Fadini, un dipendente della società tra gli indagati, ndr.) con il cellulare in mano ti mandano a casa immediatamente”.

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