Covid, lo studio in mano al Governo il 12 febbraio: “E’ una cosa serissima”

Il lavoro del ricercatore Stefano Merler presentato dal comitato scientifico è stato reso pubblico da Repubblica. Lo studio è stato presentato al comitato tecnico scientifico in data 12 febbraio. 

covid studio - meteoweek.com
(Foto da Getty Images)

Siamo al 12 febbraio 2020, il Covid entra ufficialmente nell’attenzione mediatica, istituzionale e scientifica: in programma una riunione tra i ministri della Salute del G7, richiesta dall’Italia, per fare il punto su quella che sarebbe diventata una pandemia. Poi una serie di altri incontri, fino a una riunione del comitato tecnico scientifico, il cui contenuto è rimasto segreto fino a questo momento. Durante la riunione venne presentato uno studio realizzato da Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler. Lo studio si intitolava: Scenari di diffusione di 2019-NCOV in Italia e impatto sul servizio sanitario, in caso il virus non possa essere contenuto localmente. Merler, esperto di modelli matematici applicati nello studio delle pandemie, già a fine gennaio aveva allertato: “È una cosa seria, anzi serissima“. Poi l’invito del presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, in data 5 febbraio, che in una riunione a porte chiuse voleva fare il punto sulla situazione Covid insieme all’esperto. Infine l’invito a creare uno studio ufficiale, quello presentato il 12 febbraio.


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Lo studio, come riportato dalla Repubblica, avrebbe preso in considerazione due scenari: R0 1.3 e 1.7. Nel primo caso i contagi in Italia sarebbero arrivati a un milione, nel secondo caso a due milioni, con casi gravi che vanno da 200mila a 400mila. Secondo lo studio, al picco del contagio in Italia sarebbero venuti a mancare circa 10mila posti letto in terapia intensiva. E’ bene ricordare che in data 13 aprile un report pubblicato sul minstero della Salute recitava: “In Lombardia il valore di R0 ha raggiunto il massimo di 3 tra il 17 e il 23 febbraio, per poi iniziare la discesa man mano che venivano adottate le misure di contenimento a livello locale e nazionale. Al 24 marzo l’indice era ancora poco sopra 1, ma con un trend favorevole consolidato (se l’indice è superiore a 1 ogni persona infetta ne contagia più di una, e l’epidemia di conseguenza si espande). Un discorso simile, in qualche caso traslato nel tempo, riguarda le altre regioni esaminate. In Emilia Romagna ad esempio l’indice era ancora sotto 1 il 10 febbraio, ma ha raggiunto rapidamente i valori della Lombardia tanto da arrivare a circa 3 la settimana successiva”.


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Tornando allo studio, il documento non si esprime esplicitamente facendo previsioni sul numero di morti. Merler si limita ad applicare il tasso di letalità registrato in Cina, anche in Italia: tra i 35mila e 60mila morti. In Italia, fino a ieri sono morte positive al Covid precisamente 35.472. Il direttore generale della programmazione del ministero della Salute Andrea Urbani in un’intervista alla Repubblica aveva parlato della presenza di un “piano nazionale di emergenza” con tre scenari “uno dei quali troppo drammatico per essere divulgato senza scatenare il panico fra i cittadini”. Proprio per questo il piano venne secretato. A quale scenario si faceva riferimento? A spiegarlo alla Repubblica è stato direttamente il ministero della Salute il 20 agosto: Urbani si riferiva ai dati della Fondazione Bruno Kessler presentati al comitato tecnico scientifico il 12 febbraio. A metà febbraio c’erano studi che facevano i conti considerando lo scenario peggiore e che, soprattutto, escludevano l’ipotesi che il contagio potesse riguardare solo la Cina.

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