Omicidio Vannini: l’arringa dell’avvocato Gnazi potrebbe cambiare tutto

L’avvocato dell’accusa Celestino Gnazi si è scagliato contro le testimonianze di Federico Ciontoli e Viola Giorgini.

Omicidio Vannini: l'arringa dell'avvocato Gnazi potrebbe cambiare tutto
Celestino Gnazi, l’arringa al processo per l’omicidio di Marco Vannini – meteoweek

Sono le 11 e 45 del 16 settembre quando l’avvocato Celestino Gnazi prende la parola al processo per l’omicidio di Marco Vannini (qui il video completo). E’ la terza udienza. La voce è ferma e composta, ma avanza perché il punto è raggiungere un obiettivo: la giustizia per Marco, che il pm ha quantificato in 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli.

“Con Martina presente nel bagno il colpo d’aria e il resto delle giustificazioni decadono. Antonio è stato scaricato dai familiari già in primo grado, quando ne presero le distanze. Sciocchezza colossale sentire la Giorgini chiedersi se fosse passata un’ora e finalmente c’è stato un presidente di Corte che lo ha evidenziato. Marco quella sera era stanco ma aveva guadagnato 100 euro che non si sono mai ritrovati. Non è normale che sulla pistola ci siano impronte o dna: Federico è stato quello più sveglio nella casa, colui che ha diretto le danze. Altro che padre padrone, lì era il figlio padrone: si è ricordato del bossolo e si è scoperto dalle intercettazioni che era preoccupato delle impronte sul bossolo. Tutti elementi che ricadono sul dolo. Federico dettava legge dicendo cosa gli altri dovessero dire. Nella telefonata fra Alessandro Carlini e Martina c’è il suggeritore ovvero Federico.” Nel mirino di Gnazi ci sono Federico e Viola, rei di aver fatto un racconto lacunoso dei fatti.

Omicidio Vannini: la ricostruzione di Gnazi

L’avvocato prosegue: “Martina è nelle intercettazioni che dice la verità, sebbene tutti parlino a voce bassissima con Federico. Izzo nel promo Appello di Secondo Grado incredibilmente non viene mai citato e quanto detto dal maresciallo va confrontato con quanto riferito dagli imputati. Dopo la morte di Marco asserisce di non aver più interloquito con i Ciontoli. quindi bisogna chiedersi se credere a Izzo o ai Ciontoli e per me non c’è partita nella scelta. Martina spiega dettagliatamente dove fosse il proiettile mentre Izzo non poteva saperlo. Qualcuno al Pit aveva ipotizzato che il proiettile fosse sceso durante il massaggio cardiaco. Cipollone ha smentito, sostenendo che l’ogiva era lì dal momento dello sparo e lo dice Martina. Loro hanno giustificato accordandosi sulla versione della ‘ciste’.”

Non si ferma Gnazi: “Il comportamento dei Ciontoli ha ingannato i sanitari, che non hanno potuto salvarlo. Il quadro descritto non corrispondeva con i parametri riscontrati. Per Cipolloni l’ogiva era visibile per forza. Niente smentisce Martina che dice di aver visto l’ogiva già nella vasca. L’emorragia di Marco è stata in particolare interna, con 6,5 litri versati e quindi è ovvio che la fuoriuscita sia stata risibile. Al Pit durante la rianimazione sono stati infusi 2,25 litri di liquidi il totale fa circa 8. All’esterno, il professor Gaudio, aggiunge che ne essere fuoriusciti almeno 1,5 litri. La vicina ricorda urla disumane per un’ora e lo confermano i familiari. Erano così disperati i Ciontoli tanto da chiudere i conti correnti nei giorni successivi all’omicidio. Marco poteva essere salvato mentre Izzo, la Paradiso, i vicini mentono tutti quando parlano. Federico è stato in auto in attesa dell’ambulanza e sono passati tre minuti, quindi non si spiega perché arrivare in via Flavia. Non dire del bossolo che lui stesso ha trovato ai soccorritori equivale a condannare a morte Marco. La probabilità che Marco potesse salvarsi era alta e in Primo grado si è analizzato questo aspetto” . Cosa accadde davvero quella notte non lo sapremo mai, ora però è il momento di ottenere una pena definitiva per quella vita strappata dal mondo troppo presto.

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