Ridotta la pena allo stupratore: “troppo disinvolta” la condotta della vittima

Milano, i giudici riducono la pena allo stupratore: la condotta della vittima era “troppo disinvolta”. L’uomo, secondo la Corte, “era esasperato” perché lei lo tradiva.

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Milano, pena ridotta allo stupratore – foto di repertorio

Arrivano oggi gli ultimi sviluppi in merito al processo che vede coinvolto un uomo di 63 anni, precedentemente condannato con rito abbreviato dal tribunale di Monza a 5 anni per violenze sulla convivente. La Corte di Appello di Milano ha infatti disposto la riduzione di pena allo stupratore, abbassando la condanna a 4 anni e 4 mesi. Emblematiche le motivazioni che hanno mosso i giudici a tale verdetto.

Per i magistrati, dato che la coppia viveva “in un contesto familiare degradato” e “caratterizzato da anomalie quali le relazioni della donna con altri uomini”, l’intensità del dolo può essere attenuata considerando che lo stupratore, definito come un “soggetto mite”, sia stato “esasperato dalla condotta troppo disinvolta della donna” che “aveva passivamente subìto sino a quel momento”.

Picchiata e violentata nella roulotte, sconto di pena per lo stupratore

I fatti risalgono a poco prima della mezzanotte dell’8 giugno 2019 a Vimercate (Monza). L’aggressore è un 63enne romeno, che ha picchiato e violentato la convivente connazionale di 43 anni sequestrandola per una notte intera nella loro roulotte. La donna è stata soccorsa dalla furia dell’uomo soltanto intorno alle 7 del mattino, quando i carabinieri hanno fatto irruzione nella loro abitazione dopo essere stati allertati dalla figlia della coppia.

Secondo quanto era stato ricostruito, l’uomo avrebbe inizialmente insultato verbalmente la compagna, alla quale “imputava tradimenti con uomini conosciuti su Facebook”, minacciandola più volte di morte. Dalle parole, però, sarebbe poi passato ai fatti. Dopo averle puntato un coltello al viso e strappatole via il telefono, l’uomo avrebbe cominciato a picchiare la donna con un tavolino di legno, avrebbe iniziato a prenderla a pugni al viso e all’occhio, a schiaffeggiarla, a colpirla violentemente al mento e alla schiena (con colpi “così forti da farle mancare il fiato”), a tirarla per i capelli. Poi, dopo averla trascinata a forza a letto, l’avrebbe aggredita e infine violentata, sotto le grida imploranti d’aiuto di lei.

Questa drammatica vicenda aveva fatto scattare, nei confronti del 63enne, una condanna a rito abbreviato a 5 anni da parte del Tribunale a Monza. Ma oggi, sebbene la I Corte d’Appello milanese condivida il verdetto con i giudici monzesi, è arrivata la riduzione di pena. La motivazione risiederebbe nella “condotta troppo disinvolta” della donna. Per i giudici, infatti, “vale la pena di ricordare” che il contesto famigliare in cui la coppia viveva “era caratterizzato da anomalie quali le relazioni della donna con altri uomini, dall’imputato quasi favorite o comunque non ostacolate” finché lei “rimase incinta di un altro soggetto”.


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Secondo quanto poi emerge dagli atti difensivi, l’imputato sarebbe un “soggetto mite e forse esasperato dalla condotta troppo disinvolta della convivente, che aveva passivamente subìto sino a quel momento”. Condizione, questa, che – spiegano ancora i giudici – “se certo non attenua la responsabilità, è tuttavia indice di una più scarsa intensità del dolo, e della condizione di degrado in cui viveva la coppia”.

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