Coronavirus, il “modello italiano” elogiato dal New York Times non funziona più

Il “modello italiano” – basato sulla distanza sociale e sull’uso delle mascherine – si è rivelato nel momento più duro della prima ondata da Coronavirus l’unico efficace, tanto da meritarsi gli elogi da parte del New York Times. Ora, però, l’incubo è ritornato e la seconda ondata si sta rivelando più difficile del previsto da gestire. Il modello italiano funziona ancora?

L’Italia sta vivendo a tutti gli effetti la seconda ondata dell’epidemia da Coronavirus. Un’epidemia che non accenna ad arrestarsi e che ieri ha fatto registrare nel nostro Paese oltre 20.000 casi in sole 24 ore. Le terapie intensive cominciano a riempirsi destando preoccupazione nei reparti ospedalieri. E anche i posti letto iniziano a raggiungere la soglia, facendo ripiombare medici, infermieri, personale sanitario nell’incubo, già vissuto, di moltissimi mesi fa. Eppure, la gestione dell’epidemia da parte dell’Italia aveva funzionato tanto da meritarsi gli elogi oltreoceano.

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“Sulla gestione del coronavirus, l’Italia fa fare una bruttissima figura all’America”: iniziava così l’editoriale dell’economista statunitense Nobel Paul Krugman sul New York Times, che mise a confronto le scelte fatte da Giuseppe Conte con quelle fatte dal presidente statunitense Donald Trump. L’Italia, secondo Krugman, è stato il primo paese occidentale a subire l’invasione del Covid, con ospedali al limite e un bilancio dei morti devastante. E se in America i casi sono cresciuti per un paio di mesi per poi salire rapidamente, così come il tasso di mortalità, all’Italia è andata meglio e, dopo prime difficoltà, a Maggio il Paese ha iniziato a respirare.

“Il modello italiano? Quello vincente”, diceva il NyT

Dopo tre anni e mezzo per rendere l’America di nuovo grande, siamo diventati una figura patetica sul palcoscenico mondiale, una storia di ammonimento sull’orgoglio che precede la caduta”, proseguiva l’economista sulle pagine del prestigioso quotidiano, elogiando invece l’Italia, la cui uscita dal lockdown le ha fatto guadagnare una reputazione rafforzata, cresciuta e migliorata mese dopo mese. Il merito, era stato di Giuseppe Conte, elogiato per le sue scelte, per la sua governance, per la sua tenacia e responsabilità. L’invito, agli altri Paesi, era quello di imitarlo e di seguire il “modello italiano”, che nulla aveva a che fare con i disastri fatti dagli altri e specialmente dall’America e dalla Gran Bretagna. Insomma, il modello italiano è risultato vincente da più parti e Giuseppe Conte na ha guadagnato per stima e opinione pubblica. Ne aveva guadagnato anche la Sanità Pubblica, tra le poche al mondo ad essere gratuita ed aperta a tutti. Ed anche gli italiani avevano migliorato la loro reputazione per via dei loro comportamenti attenti e rispettosi di quanto imposto dal Governo.

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E ora?

Insomma, un’ondata positiva aveva invaso l’Italia, facendo invidia addirittura agli americani che potevano guardare il rapido ritorno dell’Italia ad una sorta di normalità come un miraggio, un sogno, un obiettivo ancora lontano da raggiungere. Ma cosa si dice, ora? Come sappiamo, l’epidemia avanza e la situazione è diventata critica. Le pressioni, a Palazzo Chigi, arrivano da più parti. C’è da mantenere più o meno intatta l’economia, o comunque c’è da ridurre al minimo l’impatto. Bisogna evitare, in sostanza, un collasso totale del sistema economico che non potrà reggere, dicono da Palazzo Chigi, un altro lockdown. Bisogna però anche evitare che i contagi aumentino, gridano i medici, per evitare soprattutto il collasso del sistema sanitario.

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Difficile credere, insomma, che il sistema italiano possa rivelarsi vincente anche durante questa seconda ondata, visto che quello che va profilandosi è uno scenario tutt’altro che roseo. Medici, virologi e scienziati hanno espresso scetticismo rispetto alle misure messe in campo dal governo per contenere l’impennata dei contagi, impennata esponenziale che fa credere l’epidemia sia totalmente fuori controllo. La situazione è fortemente critica e i controlli rischiano di non essere risolutivi. Anche i decreti, dicono gli esperti, si rivelano inefficaci.

Sistema sanitario, davvero così efficiente?

I Pronto soccorso e i reparti sono ormai intasati e, con questo ritmo di contagi, secondo i medici entro la seconda settimana di novembre si satureranno le terapie intensive. Già ora, risultano essere in grande sofferenza i posti nei reparti Covid ordinari e nelle sub-intensive. Evidente, dicono i camici bianchi, che la pressione sugli ospedali sta diventando insostenibile ed è ormai praticamente saltata la possibilità di contenimento dell’epidemia attraverso i servizi territoriali. A dirlo è il segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri Carlo Palermo. “I tamponi non bastano, l’assistenza domiciliare è pressoché assente con le unità di medici Usca per le cure a casa che presentano problemi di organici, e con il sistema di tracciamento ormai impossibile dato l’altissimo numero di contagi”, ha riferito.

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A fargli eco, il virologo Andrea Crisanti, anche lui scettico sulle nuove misure messe in campo dal Governo. Misure non risolutive ed a effetto temporaneo. Servono invece misure più restrittive per frenare la spirale di contagi. Cosa è mancato, quindi? Un piano di sorveglianza che, una volta abbassati i contagi attraverso misure più restrittive, sia riuscito a mantenerli bassi e sotto controllo, come fatto ad esempio da Taiwan o dalla Corea. Una strategia, quella del monitoraggio, che finora in Italia non è stata mai messa in campo e che si è rivelata fallace e perdente. Critico sulla questione anche Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali e ordinario di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata: “L’epidemia è fuori controllo e sono particolarmente preoccupanti sia i dati sui nuovi casi sia quelli relativi ai nuovi ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive“, ha riferito all’Ansa.


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“Il Governo va in direzione sbagliata”

Una direzione sbagliata, quella imboccata da Palazzo Chigi durante questa seconda ondata. Le misure restrittive messe in campo fino ad ora potranno eventualmente rallentare l’epidemia, ma non bloccarla. Ma intanto i contagi salgono e il sistema di tracciamento è ormai sbagliato. “Le misure del Dpcm illustrate dal premier Conte rappresentano l’ultimo tentativo del governo prima di un’inevitabile lockdown totale, se non dovessero funzionare”,  dice ancora il Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici Filippo Anelli che sostiene la necessità di un lockdown generale se la curva dei contagi non si abbassa in modo tale da consentire al Servizio sanitario nazionale di poter affrontare questa seconda ondata epidemica “con un certo margine di tranquillità”. Cosa ne pensa, quindi, il New York Times? Il modello italiano funziona ancora? Molti dati… sembrano dire di no.

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