Calabria passa da 26 a 10 ricoveri in terapia intensiva. Com’è accaduto?

La Regione Calabria ha annunciato un ricorso contro l’istituzione della zona rossa. Alla vigilia delle scelte del governo sul lockdown, la Calabria aveva modificato il metodo di calcolo, prendendo in considerazione solo i pazienti intubati. Il Pd: “Un balletto indecoroso”.

Calabria passa da 26 a 10 ricoveri in terapia intensiva

Contro il lockdown deciso per la Calabria la maggioranza di centrodestra che governa la Regione e rappresentanti istituzionali di ogni ordine e grado dei quattro partiti che la compongono: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Udc, parlano di decisione politica che punisce le regioni di centrodestra. Eppure, che i numeri siano stati determinanti nell’identificazione delle regioni come territorio a rischio sembra averlo ammesso lo stesso centrodestra calabrese, che il 3 novembre alla vigilia dell’approvazione del nuovo dpcm, pare aver tentato il gioco di prestigio con i dati dei ricoveri in terapia intensiva. In poche ore, tali numeri sono passati da 26 a 10, ma non di certo per improvvise guarigioni o ondata di decessi. Dodici ore dopo, è stato chiarito che si è deciso di distinguere fra pazienti intubati e pazienti sottoposti “solo” a ventilazione assistita, nonchè di considerare solo i primi come ricoverati in terapia intensiva. Il consigliere regionale Pd, Carlo Guccione, ha definito questo atteggiamento della Regione: un “balletto indecoroso” e scrive: “E’ grave che in meno di 12 ore, senza dare alcuna spiegazione, possano cambiare dei dati ufficiali. Questo dimostra il pressapochismo che imperversa alla Cittadella”.


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Ufficialmente, la Calabria si è limitata a dire che “tale modifica è stata effettuata a seguito delle comunicazioni pervenute dall’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria e dall’Azienda ospedaliera di Cosenza”. Nel frattempo Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Regione, annuncia un ricorso contro il provvedimento firmato ieri sera dal ministro Roberto Speranza che istituisce la zona rossa in Calabria: “Le costanti interlocuzioni che ho avuto in questi giorni con i membri del Governo e con il commissario Arcuri non hanno prodotto alcuna modifica rispetto alla volontà, evidentemente preconcetta, di “chiudere” una regione i cui dati epidemiologici, di fatto, non giustificano alcun lockdown, soprattutto se confrontati con quelli delle nostre compagne di sventura: Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta. Altre regioni, con dati peggiori dei nostri sono state inoltre inserite nella zona arancione e hanno evitato – e ne sono felice – la chiusura. Non si comprendono, perciò, i criteri scientifici in base ai quali il Governo ha deciso la “vita” o la “morte” di un territorio. Perché è di questo che si tratta: un nuovo lockdown rischia di annichilire in modo definitivo una regione come la Calabria. Nessuno nega le ataviche difficoltà del nostro sistema sanitario, ma, in queste ultime settimane, la Regione – attraverso misure differenziate e restrizioni mirate – è riuscita a limitare i danni e a tenere la curva epidemiologica sotto controllo”.

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