Recovery Fund, ultimatum di Renzi: “O si cambia o mi sgancio”. E’ crisi?

Matteo Renzi ed Italia Viva continuano ad opporsi alla task force voluta da Conte che gestirà i soldi del Recovery Fund. Tensione alle stelle nella maggioranza.

Lo aveva detto, e lo sta ribadendo: la task force di sei manager che gestiranno i progetti del Recovery Plan italiano, per Renzi non s’ha da fare. Cresce la tensione nella maggioranza dopo le esternazioni del leader di Italia Viva rispetto il modello di gestione dei soldi del Recovery Fund. Lo aveva anticipato in una intervista, e lo ha ribadito: se il governo prosegue nella direzione scelta, sarà rottura:  «Il problema non è solo la governance del Recovery, è tutto il piano» ha comunicato l’ex premier: «Se pensano che io stia scherzando, mi conoscono poco. Se non cambia, io mi sgancio». Una dichiarazione che è un ultimatum, e che è stata rafforzata dal Maria Elena Boschi: «Se rischiamo la rottura? Spero di no, ma temo di sì» ha commentato in una intervista al Corriere della Sera. «Siamo in presenza di un fatto gravissimo. Non è possibile che il premier sostituisca il governo con una task force, i servizi segreti con una fondazione, le sedute parlamentari con le dirette Facebook. Sono mesi che chiediamo una discussione parlamentare e scopriamo oggi un piano di cento pagine che commissaria i ministri con un emendamento in legge di Bilancio? Se il premier vuole rompere ci dispiace, ma faccia pure».

Il motivo dello scontro è riferito, principalmente, all’autonomia che Conte vorrebbe dare ai sei manager: spazi decisionali ampi ed in deroga, con il governo come referente. Una scelta discutibile, che conferma l’approccio scelto dal premier nel gestire l’emergenza Covid: poco dibattito, poco confronto con il parlamento, molti decreti e tanta autoreferenzialità del governo. Un modo di fare forse giustificato dall’emergenza in corso, ma che non può trovare il silente accordo di tutti. Nè in parlamento e nemmeno nella società civile. Cosa ci sia realmente dietro l’atteggiamento intransigente di Renzi e di Italia Viva (che poi è la stessa cosa, visto l’appiattimento del partito sul leader) non è chiarissimo: sondaggi alla mano, se si tornasse al voto per Italia Viva sarebbe una Caporetto.

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Da questo punto di vista la storia sembrerebbe sempre la stessa: fare muro per ottenere qualcosa, sottolineare il fatto che “senza di me si va al voto”, e poi invece si va avanti. Questo è il modello a cui l’ex premier ed ex segretario del Pd ci ha abituati. Va però anche detto che la scelta di Conte è realmente discutibile: esternalizzare la gestione del Recovery Fund significa estromettere ulteriormente il parlamento, cioè il luogo dove viene espressa e rappresentata la volontà popolare. Ma non solo, perchè la scelta del premier pone anche un altro quesito: Conte si fida davvero dei suoi ministri? A parole si, ha anche detto che sono i migliori al mondo. Ma nei fatti?

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