Quasi 3 milioni di italiani passano il loro tempo a seguire le peripezie sentimentali dei protagonisti di Uomini e Donne, eppure su questo programma televisivo piove da sempre e incessantemente la disapprovazione dei più. Il celebre dating show, infatti, più che parlare di relazione nel vero senso del termine, si configura come un’autentica sfilata carnevalesca in cui tutti sembrano dare il peggio di sé.
Il civile confronto non esiste e molto spesso si assiste a scene ai limiti della decenza, in cui ciò che viene fuori è un miscuglio di sessismo, ignoranza e volgarità. La qualità delle relazioni tra i partecipanti è lo specchio di un loro totale analfabetismo emotivo e sentimentale, che si nutre di insoddisfazioni crescenti e frustrazione personale. La figura dell’altro è ridotta a mero fantoccio da sfruttare e deridere senza pietà quando necessario, in una realtà costruita in cui le parole rispetto, ascolto e sensibilità hanno la stessa importanza della polvere accumulata sul tanto ambito “trono”.
Uomini e Donne e la realtà costruita
Sì, una realtà costruita, perché quello della televisione è, non di rado e soprattutto in casi come questo, un mondo creato ad hoc. O meglio, una storia scritta da altri che “uomini e donne” recitano per mero tornaconto personale. Gli “amori” che ci vengono propinati, infatti, finiscono per essere poco più che un intrigo e nel 90% dei casi durano il tempo di una stagione, quel tanto che basta ai concorrenti per guadagnare un briciolo di popolarità e dire a se stessi che di aver avuto il coraggio di cambiare la propria vita.
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Forse è questo stesso inconfessabile desiderio di insoddisfazione profonda e di cambiamento irrealizzabile che spinge quei 3 milioni di italiani a non staccare gli occhi dallo schermo, ad affezionarsi ai personaggi di una bella favoletta, a disquisire con passione su storie d’amore mai esistite e a sognare quello che (per fortuna?) non saranno mai.