Chiusi da otto mesi, nessuno li ascolta: anche per ideologia. Il dramma delle lavoratrici del “gioco pubblico” [VIDEO]

Tra le tante categorie colpite dalle chiusure e dai lockdown c’è quella delle lavoratrici delle sale giochi: “Nessuno ci ascolta, siamo chiusi anche per ideologia”.

Sono chiusi da otto mesi, e sono disperati. Parliamo di una delle categorie più colpite dagli effetti della pandemia, dalle chiusure, dai lockdown: sono i lavoratori, ma sopratutto le lavoratrici del settore del “gioco pubblico”. Sale giochi, con regolare concessione di monopòli di Stato: “Siamo autorizzati dal governo ad esercitare nei nostri locali” ci spiega Antonia Campanella, presidente dell’associazione EmiRebus, che raccoglie un numero consistente di lavoratori e lavoratrici del settore.

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“Abbiamo anche licenze di pubblica sicurezza” aggiunge la Campanella: “Siamo chiusi da otto mesi, i ristori sono irrisori, le casse integrazione misere. Siamo un movimento di donne lavoratrici. Rappresentiamo anche noi il lavoro femminile, che la politica dichiara di voler tutelare. Eppure siamo chiusi da otto mesi, siamo qui a manifestare da un mese, e nessuno ci risponde”. Una situazione comune a tante categorie, purtroppo. Si parla di numeri importanti: centocinquantamila lavoratrici e lavoratori in tutta Italia, e un notevole danno all’erario nazionale. “Siamo chiusi anche per una forma di ideologia” denuncia la Campanella: “Solo in Italia avviene questo”. L’intervista completa nel servizio video.

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