Le sei proposte dei sindacati al governo per la pensione anticipata

Quota 100 verso la scadenza a fine anno. I sindacati avanzato sei proposte al governo per la pensione anticipata e per evitare uno “scalone” di cinque anni

Le sei proposte dei sindacati al governo per la pensione anticipata

In vista della scadenza di Quota 100 a fine 2021, Cgil, Cisl e Uil premono per aprire un tavolo di confronto con il ministro del Lavoro Andrea Orlando. Al centro della discussione sei proposte che i sindacati hanno avanzato al governo per evitare che con la fine di Quota 100 si determini uno “scalone” di cinque anni.

Pensione anticipata: le proposte dei sindacati

Dal 1° gennaio 2022, come riporta L’Economia del Corriere della Sera, senza una legge, l’età pensionabile passerebbe infatti dai 62 anni (più 38 di contributi) previsti da Quota 100 a 67. Per questo servono delle misure alternative per la pensione anticipata.

L’età flessibile

La prima proposta dei sindacati riguarda la cosiddetta “età flessibile”, estendendo quanto previsto dalla legge Dini per chi ha tutta la pensione nel regime contributivo anche ai lavoratori più anziani che la hanno nel regime misto. Il sistema contributivo consente di andare in pensione a partire dai 64 anni a patto che la pensione maturata sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale, circa 1.288 euro al mese.

Secondo Cgil, Cisl e Uil l’età dovrebbe essere abbassata a 62 anni e la soglia di accesso ridotta a 1,2-1,5 volte la pensione sociale. Per i sindacati la soglia per le pensioni d’anzianità andrebbe invece abbassata da 42 anni e 10 mesi a 41 anni per tutti.

Lavori gravosi e donne

Cgil, Cisl e Uil sostengono che l’Ape sociale e le norme sui lavoratori precoci e le attività usuranti siano insufficienti e riguardino solo poche migliaia di lavoratori. Per questo le sigle propongono di ampliare la platea di categorie lavorative interessate, che attualmente riguarda soltanto una quindicina di lavori gravosi.

Per le lavoratrici con figli e per il lavoro di cura, invece, la proposta è di estendere il meccanismo della riforma Dini riservato a chi ha cominciato a lavorare dal 1996 in poi, che prevede per ogni figlio, fino a un massimo di tre, quattro mesi di abbuono. Cgil, Cisl e Uil vorrebbero aumentare questo premio a un anno per figlio ed estenderlo a chi lavora da prima del 1996.

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Giovani e precari

Il problema per i giovani riguarda i lavoratori che sono interamente nel regime contributivo. Il quale, a differenza del retributivo, non prevede l’integrazione al minimo della pensione. Ciò significa che i lavoratori precari rischiano di avere degli assegni irrisori. Per evitarlo i sindacati propongono un sistema di valorizzazione dei buchi contributivi e dei periodi di part-time, così da compensare l’assegno in relazione al percorso lavorativo svolto.

Il Corriere cita poi una vecchia battaglia di Cgil, Cisl e Uil: il miglioramento del potere d’acquisto degli assegni pensionistici. L’obiettivo è ripristinare la piena indicizzazione al costo della vita per le pensioni medio-alte e di rafforzare la platea e l’importo della quattordicesima, aumentandola da 1.000 a 1.500 euro. E, infine, di estendere ai pensionati le detrazioni previste per i lavoratori dipendenti col taglio del cuneo.

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I fondi pensione

L’ultimo tema sul tavolo è quello dei fondi pensione. Ai quali bisognerebbe favorirne l’adesione. Perciò Cgil, Cisl e Uil propongono un nuovo semestre di silenzio-assenso e strumenti per incentivare i lavoratori precari e le piccole imprese. Terminati i sei mesi, infine, si viene iscritti in automatico al fondo a meno che non ci sia un rifiuto esplicito del diretto interessato.

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