Il disastro italiano del Coronavirus: definanziamento della Sanità e conflitto tra Stato e regioni

L’emergenza Covid ha evidenziato i limiti della sanità pubblica italiana: definanziamento e conflitto Stato-Regioni. Criticità emerse dal primo istante della pandemia che, dopo un anno, non sono state risolte.

Un anno di pandemia e ancora non abbiamo capito appieno come combattere l’emergenza. Forse però non è solo una questione di “comprendere” una malattia così complessa e devastante e mettere in campo le giuste risorse ed energie per affrontarla. Il problema sta nella struttura dello Stato, in particolare in quella sanitaria e nel rapporto tra Stato e Regioni mal regolato dalla nostra Costituzione.

Nell’ultimo decennio sono stati tagliati alla Sanità oltre 37 miliardi di euro. Prendiamo il caso della Lombardia, una tra le regioni più ricche ed efficienti d’Italia. Chi l’amministra ha deciso e operato sistematicamente per minare la sua sanità pubblica. L’incompetenza degli operatori da sole non possono giustificare il disastro. Si è scelto di andare nella direzione dell’inefficienza per favorire la sanità privata, una scelta di cui dovranno rispondere coloro che hanno governato e ancora la governano. Non è chiaramente l’unico caso. Giusto oggi in Emilia Romagna il sindacato Usb ha proclamato per il 26 marzo lo sciopero regionale dei lavoratori della sanità pubblica e privata, aziende pubbliche di servizio alla persona (Asp) e cooperative sociali che gestiscono servizi sanitari e socio-sanitari. Secondo il sindacato “il peggioramento dei dati relativi alle infezioni e ai decessi nelle ultime settimane, in particolare nella nostra Regione, hanno messo in evidenza un sistema sanitario indebolito da decenni di politiche di definanziamento, blocco delle assunzioni e privatizzazioni le cui conseguenze oggi ricadono sulla pelle dei lavoratori e della cittadinanza”.

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Per non parlare del Sud Italia che paga un divario con le altre regioni altissimo. Le differenze tra le due metà del Paese erano state messe in luce anche dallo Svimez nel suo ultimo rapporto. Si legge “Calabria e Campania sono le regioni che spendono meno (per la sanità, ndr) e anche quelle che ottengono le performance peggiori. Tuttavia, non è solo una questione di quantità di risorse, ma anche di qualità, vale a dire di come vengono utilizzate: perché il Veneto ha performance migliori della Puglia, della Basilicata e del Lazio a parità di spesa e decisamente migliori di regioni quali la Lombardia e l’Umbria che hanno una spesa superiore?”, fanno notare gli autori del report Svimez.

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Franco Bassanini

Il secondo punto è il paradosso del regionalismo. I bracci di ferro tra presidenti di regione e governo hanno evidenziato un problema nell’ordinamento italiano. Chi decide in casi come questo tra chiusura e apertura, tra divieti e gestione della sanità locale? Questi mesi hanno messo in dubbio anche la legge Bassanini che riforma il titolo V della Costituzione, nata col Governo Prodi, che doveva mettere migliorare l’efficienza del rapporto tra cittadini e istituzioni. Il risultato più evidente nasce oggi con una matassa irrisolvibile di competenze sovrapposte. Sarebbe necessario aprire una riflessione sull’esperienza regionalista nel nostro Paese. Negli anni Settanta la nascita delle Regioni aveva suscitato grandi speranze. A distanza di tanto tempo non possiamo affermare di essere soddisfatti per come sono andate le cose.

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