Cosa rimane di Black Lives Matter dopo il nuovo omicidio di un afroamericano a Minneapolis

Un altro afroamericano ucciso dalla polizia in Usa: cosa è cambiato veramente dopo la morte di George Floyd e il movimento Black Lives Matter, che di fatto ha condizionato (almeno in parte) le elezioni presidenziali.

Un’immagine di Daunte Wright

Un nuovo omicidio scuote il cuore dell’America, ancora una volta la polizia si macchia le mani del sangue di una persona di colore. Dopo il caso George Floyd che ha scosso le fondamenta della coscienza degli americani, questa volta è il turno di Daunte Wright, 20enne di Minneapolis, morto per un colpo di pistola sparato da una poliziotta, Kim Potter, mentre secondo gli indagati cercava di scappare all’arresto. La polizia, in un comunicato, ha dichiarato che la responsabile volesse fermare Wright con un teaser ma che abbia confuso l’arma elettrica con la pistola. Il ragazzo è morto pochi secondi dopo il colpo. L’omicidio avviene in un contesto e in un luogo molto particolare: nella città di Minneapolis infatti si sta tenendo il processo a Derek Chauvin, presunto assassino di Floyd. Nella notte si sono registrati scontri tra manifestanti e polizia, la città è sotto coprifuoco e gli eventi sportivi sono stati rinviati.

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Nessuno è al di sopra della legge“, scrive su Twitter Joe Biden riferendosi agli scontri. “Oggi penso a Daunte Wright e alla sua famiglia, al dolore, alla rabbia ed al trauma che l’America Nera vive ogni giorno – ha detto Biden -. Mentre attendiamo un’indagine completa, sappiamo quello che serve per andare avanti: ricostruire la fiducia e assicurare la responsabilità, in modo che nessuno sia al di sopra della legge“. L’eco delle parole del presidente degli Stati Uniti ha un sapore diverso rispetto all’atteggiamento ostile verso la comunità nera che ebbe il suo predecessore Donald Trump, sicuramente un tentativo di prevenire le violenze invocando giustizia ma anche segno che qualcosa negli Usa è cambiato.

Un fermoimmagine dell’arresto di George Floyd

Il movimento che scaturì dopo la morte di Floyd si era trasformato in una causa globale, tanto da fare passare in secondo piano l’emergenza Covid e anche la campagna elettorale per le presidenziali. Non è difficile immaginare infatti che Black Lives Matter abbia condizionato le scelte di molti elettori americani più dell’incompetenza di Donald Trump nella gestione della pandemia. I cortei negli Usa hanno preso di mira proprio “The Donald”, colui che voleva criminalizzare le minoranze, negando la necessità di una svolta nell’avanzamento dei diritti civili per le persone afroamericane. Trump era stato del tutto solidale con il corpo di polizia, senza tenere conto delle oggettive responsabilità dell’omicida. Inoltre lo slogan fu condiviso da un numero incalcolabile di attori, artisti, sportivi, scrittori, musicisti, politici, gente famosa e più in generale cittadini. Una marea che ha travolto l’ex-presidente fino alla sconfitta elettorale.

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Cosa rimane oggi di quel movimento è presto per dirlo. Il nuovo omicidio di una persona nera porterà inevitabilmente ad altra violenza e proteste, così come sta accadendo in queste ore. Biden ha invitato i manifestanti alla calma e chiarato che al di là delle responsabilità della polizia “violenze e saccheggi non saranno tollerati“. La speranza è ovviamente che le violenze cessino presto e che la morte dei due uomini sia il pretesto per l’America per rivalutare ancora una volta la propria incapacità di andare oltre la coltre di razzismo di cui è permeata una parte della società statunitense.

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