Funivia Mottarone, la cabina era senza freni da un mese. “Manomissione volontaria e consapevole”

Funivia Mottarone, la cabina era senza freni da un mese e i tre arrestati sapevano del rischio che c’era. Si tratta di una manomissione volontaria.

cabina senza freni

L’incidente avvenuto sulla funivia del Mottarone non è stato né una fatale disgrazia né un errore umano. L’incidente è stato causato da una manomissione volontaria. I forchettoni che hanno impedito alle ganasce di frenare la cabina sono stati inseriti apposta. Quattordici persone sono morte sotto il Mottarone per una scelta consapevole e condivisa tra più persone, fatta in nome del guadagno. Quei ferri era stati messi per evitare i continui blocchi della funivia. Questi blocchi avrebbero fatto perdere corse (e guadagni) proprio mentre l’Italia usciva dal lockdown e i turisti tornavano a Stresa. I forchettoni erano là già dal 26 aprile, primo giorno di riapertura. Una roulette russa accettata dal gestore e dai suoi dipendenti pensavano che tanto il cavo non si sarebbe spezzato mai, e invece è accaduta la tragedia. Sono bastate 48 per la procura di Verbania per scoprire questa atroce verità.

I tre arrestati colpevoli consapevoli della tragedia del Mottarone

Nella serata di martedì 10 tecnici sono entrati nella caserma dei carabinieri di Stresa come persone informate dei fatti. La procuratrice capo Olimpia Bossi firma l’arresto di tre persone alle 3,57. «Hanno ammesso che il freno non era stato attivato volontariamente», ha detto il tenente colonnello Alberto Cicognani, comandante provinciale di Verbania. Sono stati trasferiti in carcere di Pallanza, in tre differenti celle.

I colpevoli sono il titolare delle Ferrovia del Mottarone Luigi Nerini, 56 anni; Enrico Perocchio, 51, biellese, direttore del servizio e dipendente della Leitner di Vipiteno, società che ha fornito le cabine e manutentore del servizio; Gabriele Tadini, capo operativo del servizio, che avrebbe messo materialmente i forchettoni e ha tirato in ballo gli altri due. Nerini è il gestore della funivia: la sua famiglia gestisce la linea da un secolo, quando ancora era una cremagliera a salire da Stresa al Mottarone. «Mi spiace per le vittime, la collaborazione con gli inquirenti è iniziata da subito» ha dichiarato domenica pomeriggio, mentre ancora i soccorsi cercavano di recuperare i cadaveri. E invece sapeva dei freni disabilitati.

Il problema della manutenzione: la cabina era senza freni da più di un mese

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Uno dei due forchettoni, i dispositivi che impediscono di frenare, è rimasto agganciato al relitto della cabina, l’altro è stato trovato ieri nel bosco, sparato lontano dall’urto. «C’erano malfunzionamenti nella funivia – ha spiegato il comandante Cicognani – è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare i forchettoni». Una pratica consolidata, a quanto pare.

Inserirli è stata «una scelta deliberata e assolutamente consapevole, una scelta condivisa e non limitata a quel giorno: lo hanno ammesso. Lo hanno fatto per superare i problemi che avrebbero dovuto essere risolti con interventi più decisivi e radicali» ha detto la procuratrice Bossi. Ora si tratta di capire se altri dipendenti sapessero. A breve potrebbero esserci altri indagati. Inoltre, resta ancora da chiarire se i due eventi – la rottura del cavo e il il disinserimento dei freni – siano collegati. In entrambi i casi, per gli inquirenti «la chiave è nella manutenzione».

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