Omicidio Serena Mollicone: per la procura è stata uccisa in caserma

Secondo la procura di Cassino Serena Mollicone sarebbe stata uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce, per una spinta contro una porta.

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Omicidio Serena Mollicone: per la procura è stata uccisa in caserma – www.meteoweek.com – Credit: Archivio Meteoweek

Uccisa all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce, per una spinta contro la porta. Sarebbe stata questa la fine di Serena Mollicone, scomparsa il primo giugno del 2001, secondo la procura di Cassino che si occupa del processo per l’omicidio della ragazza di 18 anni. Stando a quanto dichiarato dalla procura, infatti, ci sarebbe una ”perfetta compatibilità” tra le ferite rilevate sul corpo della vittima e i e la rottura di una porta collocata in caserma. Nonché la “la perfetta compatibilità” tra i frammenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva la testa della vittima e il legno di quella stessa porta o il coperchio di una caldaia della caserma.

Un altro elemento che, sempre secondo la procura di Cassino, risulta decisivo per la tesi dell’omicidio in caserma sono le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi, in servizio nel 2001, rese il 28 marzo e l’8 aprile 2009, poco prima di togliersi la vita l’11 aprile del 2008. Tuzi raccontò di aver visto la giovane entrare nella caserma di Arce la mattina del primo giugno 2001. E di non averla più vista uscire. Dopo la sua testimonianza, stando alla trascrizione di una conversazione ambientale con il maresciallo Quatrale, il brigadiere subì delle pressioni per ritrattare le sue parole. Pressioni che – forse – potrebbero poi averlo spinto al suicidio.

Il rinvio a giudizio e le parole della difesa

Così, 18 anni dopo la morte di Serena Mollicone, il caso si riapre e la procura rinvia a giudizio 5 persone. Questo grazie all’esito delle ultime indagini avviate dopo l’opposizione da parte del padre di Serena, Guglielmo Mollicone, all’archiviazione del 2015. Tra queste, la riesumazione del cadavere e le analisi che vengono svolte con l’applicazione di tecniche all’avanguardia. Ma la famiglia Mottola – in particolare l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria, e il figlio Marco – portata in giudizio con l’accusa di concorso in omicidio, non è d’accordo con la procura. Attraverso il consulente Carmelo Lavorino, e l’avvocato Francesco Germani, sostengono che l’impianto accusatorio sia “molto imperfetto”.

La “perfetta compatibilità”

A partire dal fatto che la “perfetta compatibilità” di cui parla la procura, secondo la difesa è illegittima in quanto i frammenti analizzati sono così piccoli che non ci potrebbe essere alcuna certezza. ‘‘Io ho assistito a questi accertamenti tecnici, la compatibilità è un discorso, la certezza assoluta è un altro e la prova scientifica pretende la certezza assoluta. C’è una relativa compatibilità perché si parla sempre di tracce minuscole di legno o di compensato ma a livello chimico, a livello fisico, a livello logico non c’è alcuna certezza. In qualunque porta possono esserci questi tipi di compatibilità”, ha spiegato il consulente Lavorino nel corso di una conferenza stampa.

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La rottura nella porta

Un altro elemento traballante nella tesi della Procura sarebbe che la spaccatura della porta contro cui sarebbe stata sbattuta Serena Mollicone, sarebbe troppo in alto rispetto al punto della testa dove la ragazza è stata colpita. Ha dunque specificato l’avvocato Germani come manchi “completamente qualunque legame tecnico scientifico dei componenti della famiglia Mottola con quella che la procura ritiene sia la scena del crimine e soprattutto sul cadavere della povera Serena non vi c’è alcuna traccia dei componenti della famiglia Mottola”.

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La testimonianza di Tuzi

Inattendibili anche le dichiarazioni del brigadiere Tuzi, secondo la difesa. Perché le 250 pagine di informativa dei Carabinieri sono “fatte bene”, secondo Lavorino, ma “hanno il vizio di partenza di voler dimostrare l’intuizione investigativa inizialeovvero che “Santino Tuzi ha detto la verità e che l’arma del delitto sia la porta della caserma”.

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