Mario Draghi: “Abbiamo bisogno del mondo intero, non di singoli Stati”

Mario Draghi in dialogo con Angela Merkel in occasione del Global Solution Summit 2021. Tra i temi toccati, vaccini e rapporti con la Cina. Un’occasione per delineare il ruolo e il futuro dell’Ue in vista anche degli sviluppi post-Covid. Cosa si profila all’orizzonte?

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Mario Draghi e Angela Merkel dialogano a distanza e parlano dell’Ue in videoconferenza alla seconda giornata del Global Solutions Summit 2021. Un’occasione, quella del 28 maggio, colta dal presidente del Consiglio italiano per ribadire le linee principali della politica estera del governo, per definire i rapporti tra Ue e Cina, ma soprattutto per parlare di pandemia. E lo mette subito in chiaro il premier, che sottolinea:  “La nostra prima priorità è, naturalmente, sconfiggere la pandemia. Questo significa farlo ovunque e non soltanto nei Paesi sviluppati. Garantire che i paesi più poveri abbiano accesso a vaccini efficaci è un imperativo morale. Ma c’è anche una ragione pratica e, se vogliamo, egoistica. Finché la pandemia infuria, il virus può subire mutazioni pericolose che possono minare anche la campagna di vaccinazione di maggior successo“, dice Draghi. Lo sguardo delle dichiarazioni si rivolge agli esteri, all’atteggiamento che tutta l’Ue dovrebbe avere in una situazione di questo tipo. Ma sulla questione, non si sbilancia troppo.

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Draghi sui vaccini

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Ma come fare per far sì che i vaccini arrivino a tutti?  Fino ad ora sappiamo che il 75% delle dosi dei vaccini è andata a soli 10 Paesi. In tutto il mondo. Fino ad ora sappiamo che gli appelli affinché i vaccini arrivino a tutti si moltiplicano, ma dal momento in cui ci si chiede “come”, le tensioni si alzano. Dopo l’apertura di Joe Biden sulla sospensione dei brevetti è arrivato l’altolà di Angela Merkel. E non è ardito pensare che le parole di Draghi guardassero proprio in direzione della cancelliera. La posizione di Draghi appare allora una posizione mediana, di compromesso, ribadita anche da altre parole pronunciate al Summit: “Il Global Health Summit tenuto a Roma la scorsa settimana ha fornito una serie di risposte molto concrete a questa crisi. Le generose promesse dei singoli paesi e delle aziende farmaceutiche ci assicurano che si potrà accelerare la campagna di vaccinazione globale. L’iniziativa dell’Ue – volta a sviluppare la capacità produttiva di vaccini nei paesi a basso e medio reddito – aiuta l’Africa ad affrontare molte malattie, non solo il Covid-19“. Insomma, la ricetta sarebbe incrementare la capacità di produzione, sia dentro i Paesi più sviluppati che fuori.

Parole che suggellano quanto ribadito dalla stessa cancelliera: “Le lezioni che abbiamo imparato in questa crisi cambieranno la nostra visione della globalizzazione. Ad esempio è inevitabile che la nostra sovranità giocherà un ruolo più importante ma d’altra parte siamo consapevoli che non possiamo fare tutto da soli, perché questo sarebbe un passo indietro”, ha sottolineato. “Credo che l’Ue sia diventato uno spazio in cui si producono vaccini non per vaccinare solo gli europei ma per esportare i vaccini agli altri”, ha detto ancora la cancelliera tedesca. L’idea sarebbe mantenere la proprietà intellettuale sui vaccini ma massimizzare la capacità di produzione. Basterà?

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La Cina, il clima, il futuro: da che parte stiamo andando?

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E proprio a proposito di ciò che accade fuori, il presidente del Consiglio italiano ha anche commentato la linea che l’Ue dovrebbe tenere nei confronti di un colosso sempre più invadente, a livello economico e non solo: la Cina. “Le molte sfide richiedono tutte terreno comune e impegno. La Cina conta per il 17% del Pil globale ma anche il 30% delle emissioni di gas. Serve preservare uno spazio di dialogo e cooperazione basato sulla condivisione di regole globali comuni, senza fare passi indietro sui nostri valori democratici“.

Proprio a proposito del clima, Mario Draghi ribadisce due principi: non è possibile lasciarsi distrarre da altri fattori (compresa la pandemia), e non è possibile affrontare questo problema attraverso iniziative individuali. Come fare? “Abbiamo due obiettivi. Il primo è impegnarsi a raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni sufficientemente ambiziosi, limitare il surriscaldamento globale non oltre 1,5 gradi e da raggiungere le emissioni nette pari a zero entro il 2050. Il secondo è mitigare i potenziali danni. Dobbiamo rafforzare le misure di contenimento, accelerando l’eliminazione graduale del carbone. E garantire un maggiore afflusso di capitali pubblici e privati verso iniziative legate al clima“, ribadisce il presidente del Consiglio.

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Uno sguardo non solo europeo, ma globale

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Insomma, lo sguardo di Mario Draghi su diversi problemi che tutto il mondo si troverà ad affrontare, non solo è europeo, ma è anche globale. L’equazione è semplice: se i problemi sono universali, bisogna agire in maniera universale. Sia con i vaccini – come ribadito prima -, sia con questioni di carattere economico o climatico. Per dirla in altri termini, “il mondo ha bisogno del mondo intero, non di un insieme di singoli stati“, aggiunge Draghi. E’ vero, ammette Draghi, ci siamo ritrovati impreparati. Ma questo non è accaduto perché il modello adottato è erroneo, ma perché è stato adottato troppo timidamente: “La pandemia ha mostrato alcuni limiti della globalizzazione. Ci sono tanti problemi tra gli Stati ma tutto ciò non prova la debolezza del multilateralismo, al contrario, dimostra che ne abbiamo sempre più bisogno. Siamo convinti al multilateralismo darà le risposte giuste”.

Così Mario Draghi ci offre una panoramica sul futuro che diversi capi di Stato hanno già in mente. Progetti ambiziosi, che lasciano ben sperare, ma in merito ai quali è lecito chiedersi: come funzioneranno, nello specifico? Il rischio – se non lo si fa nella maniera adeguata – è quello di cercare di aggiustare immense sproporzioni locali attraverso ricette globali. Abbiamo già visto che l’Ue non ha colmato il divario nord-sud dell’Italia, nonostante i fondi destinati, nonostante l’impegno attraverso la creazione di progetti mirati. Ecco, forse sarebbe il caso di riflettere su questo primo fallimento, prima di progettare il futuro dei prossimo 50 anni.

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