Il libro della Meloni a testa in giù e quel confine che non va mai superato

Un gesto fuori da ogni giustificazione, c’è un limite anche nel criticare le idee della Meloni. Non è goliardia ma mancanza di rispetto.

C’è un limite anche nello sfottò, un limite che delinea il buon gusto soprattutto se siamo in un locale pubblico. Questo confine è stato superato quando abbiamo visto quella foto in una libreria Feltrinelli in cui venivano esposti i libri di Giorgia Meloni, Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee”, capovolti.

Il riferimento è chiaramente a piazzale Loreto e al corpo del Duce, esposto all’odio e al pubblico ludibrio alla fine della dittatura fascista e della Guerra. Sebbene Giorgia Meloni abbia la responsabilità politica di non avere mai nettamente rinnegato il Fascismo e di accogliere nel suo partito esponenti che dicono di ispirarsi a Mussolini, la violenza di questo gesto ha un significato simbolico che non può essere accettato. Non è solo una questione di rispetto ma anche un autogol per tutte quelle persone che democraticamente esprimono preoccupazione per il dilagare della cultura fascista nel nostro Paese.

Da quasi 80 anni si discute del significato di piazzale Loreto, della mancanza di un processo nei confronti di Mussolini e dell’umiliazione del suo cadavere ma se allora l’Italia usciva da una orrenda dittatura e si trovava in una drammatica guerra civile, rievocare oggi quel momento come una goliardata e appicciarlo a una persona è un gesto disdicevole. Aggravato dal fatto di essere avvenuto in una libreria.

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Questa volta tocca darle ragione, la Meloni si è infatti così espressa su un post Facebook:  “Ma vi sembra normale – scrive la presidente di Fratelli d’Italia – che un docente universitario scherzi sui miei libri ribaltati per simulare il fatto che io venga appesa? Ecco a voi l’esempio di una delle tante ‘menti’ che insegnano ai giovani il rispetto, la tolleranza, la libertà di pensiero e il confronto civile. Menomale che i cattivi seminatori di odio siamo noi di destra”.

Non è la prima volta che la Meloni entra nelle mire di un professore universitario. Risale a fine febbraio scorso il caso di Giovanni Gozzini, professore ordinario di storia contemporanea all’Università di Siena che insultò la leader di Fratelli d’Italia in una diretta radio, dandole della “scrofa”, “vacca”, “pesciaiola” e “rana dalla bocca larga”. Parole irripetibili che gli sono valse la sospensione dall’Ufficio e dallo stipendio per 3 mesi.

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