LeCoVax2, il nuovo vaccino anti-Covid italiano: tecnica diversa dagli altri

Le speranze di avere nuovo vaccino italiano contro il Covid-19, dopo il fallimento di Reithera, si riaccendono. L’Università Statale di Milano in collaborazione con VisMederi Research sta infatti lavorando alla creazione del LeCoVax2. La tecnica che utilizza è diversa da quelli attualmente in somministrazione in Europa, ovvero a mRNA e a vettore virale. Essa, piuttosto, si basa su un microrganismo unicellulare modificato capace di produrre e trasportare le proteine virali che stimolano lo sviluppo degli anticorpi.

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Il primo studio sperimentale preclinico del vaccino italiano ha dato buoni risultati – meteoweek.com

La speranza di realizzare un vaccino italiano contro il Covid-19 si è riaccesa. Il progetto è stato denominato LeCoVax2 e a portarlo avanti è l’Università Statale di Milano in collaborazione con VisMederi Research. Il primo studio sperimentale preclinico ha dato risultati positivi in termini di efficacia e a febbraio sono stati già depositati due brevetti. La novità sta, ad ogni modo, nella tecnica utilizzata. Essa è diversa da quella prevista dai sieri attualmente autorizzati in Europa, ovvero Pfizer/Biontech Moderna (a mRNA) oppure Johnson&Johnson AstraZeneca (a vettore virale). Questi quattro comportano la produzione di antigeni all’interno delle cellule dei soggetti vaccinati. Il nuovo meccanismo di azione, invece, si basa su un microrganismo unicellulare modificato, in grado sia di produrre sia di trasportare le proteine virali che fungono da antigeni. Si tratta della cosiddetta Leishmania tarentolae.

La tecnica del nuovo vaccino italiano

A spiegare il funzionamento del nuovo vaccino italiano contro il Covid-19, in una intervista rilasciata all’agenzia AGI, è stata Sara Epis del Dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano. I dubbi da sciogliere, in particolare, riguardano il microrganismo unicellulare modificato, che rappresenta la novità rispetto agli altri vaccini attualmente in somministrazione in Europa. “Leishmania tarentolae rappresenta una sorta di micro-fabbrica, utilizzabile per la produzione di proteine molto simili a quelle prodotte nelle cellule di un mammifero, ad esempio da un virus durante l’infezione o da un vaccino a RNA“, ha spiegato l’esperta. “Una volta inoculate in un mammifero, le proteine virali prodotte in Leishmania hanno la capacità di agire come le proteine prodotte dal virus stesso durante l’infezione naturale. Quindi come antigeni virali in grado di stimolare la produzione di anticorpi“.

Non è, tuttavia, l’unica peculiarità. A rivelarlo è Claudio Bandi, altro membro del team di ricerca che si sta occupando dello studio. “Leishmania tarentolae ha una spiccata tendenza a penetrare all’interno delle cellule che intervengono nelle prime fasi della risposta immunitaria, le cellule dendritiche. Pertanto, il suo utilizzo come sistema per la produzione e per il trasporto degli antigeni permette di veicolare queste molecole direttamente alle cellule che giocano un ruolo centrale nell’induzione della risposta immunitaria. Sono queste le caratteristiche che ci hanno spinto a realizzare LeCoVax2“.

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Il team di esperti dell’Università Statale di Milano che sta lavorando alla creazione del vaccino italiano – meteoweek.com

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I primi risultati

I primi risultati dello studio sul vaccino italiano LeCoVax2 sono ottimistici. “Sulla carta, LeCoVax2 risultava promettente sin dalle prime fasi di sviluppo ma solo nelle ultime settimane abbiamo ottenuto i risultati sperimentali che hanno provato la sua efficacia come induttore di una risposta anticorpale specifica. Lo studio è stato effettuato su modello murino ed ha permesso di rilevare la produzione di anticorpi in grado di neutralizzare il virus SARS-CoV-2“. Lo ha spiegato Emanuele Montomoli di VisMederi Research.

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Le caratteristiche del siero, in particolare, potrebbero renderne promettente l’applicazione soprattutto in quei Paesi in via di sviluppo dove la cura, per motivi logistici e non solo, non è ancora arrivata. A rivelarlo è stato Gianvincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina. “La tecnologia necessaria alla sua produzione è relativamente semplice. Inoltre, essendo somministrato in forma inattivata, si presta per essere sviluppato in preparati liofilizzati reidratabili, quindi agevoli da conservare e distribuire. Riteniamo inoltre che LeCoVax2 possa essere sviluppato per una somministrazione per via mucosale (ad esempio orale), cosa che ne faciliterebbe l’utilizzo, aspetto importante se la vaccinazione anti-COVID dovesse essere ripetuta nel corso degli anni. Nelle prossime settimane – ha concluso – procederemo con le indagini precliniche su LeCoVax2, soprattutto per la definizione della formulazione più idonea per l’utilizzo negli studi clinici“.

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