Scuola, Bianchi: “Il Cts non è Voldemort e io non sono Harry Potter”

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è intervenuto nel dibattito sulla scuola della Repubblica delle Idee, a Bologna. 

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Scuola, Bianchi: “Il Cts non è Voldemort e io non sono Harry Potter” – www.meteoweek.com – Credit: Archivio Meteoweek

“Il Cts non è Voldemort e io non sono Harry Potter”. A parlare è Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, intervenuto nel dibattito sulla scuola durante la Repubblica delle Idee a Bologna, la quattro giorni di eventi e dibattiti organizzata da La Repubblica. Il tema è il ritorno in presenza di tutti gli studenti a partire da settembre, di cui il ministro dialoga dal palco con due giovani alunni. La priorità è eliminare la DaD (didattica a distanza), assicura Bianchi, ma tutto dipende dai futuri sviluppi epidemiologici.

La campagna vaccinale nelle scuole

“La sto facendo la battaglia per tornare in presenza a settembre, è quella che faccio giorno e notte da quando sono arrivato. Ognuno qua ha una responsabilità”, ha detto il ministro durante l’incontro. Poi ha sottolineato che il Comitato tecnico scientifico lavora sui dati della pandemia, a prescindere dagli impegni presi dalla politica: “Loro stanno facendo analisi, ma ci sono responsabilità diverse che bisogna assumersi. Mi impegno in questa battaglia: io la faccio ma dico anche a tutti facciamola insieme. Il Cts fa le sue affermazioni, loro ci dicono che ci sono ancora dei problemi sanitari e ci devono dire loro cosa succede se ci sono certi livelli di copertura vaccinale.

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Proprio a proposito della campagna vaccinale nelle scuole, il ministro ha confermato che al momento non è al vaglio del governo alcun obbligo per il personale scolastico. “Allo stato attuale non c’è nessuna ipotesi di obbligo. Non abbiamo in mente di farlo, però c’è un fortissimo appello alla solidarietà collettiva. Facciamo oggi un appello perché tutti si possano vaccinare proprio nel senso di una solidarietà collettiva”, ha spiegato Bianchi.

La priorità sulla scuola

All’interno del suo intervento, il ministro dell’Istruzione ha più volte sottolineato l’importante di rimettere la scuola al centro delle priorità. “La scuola, in quanto luogo in cui si cresce, deve essere in presenza”, ha detto. E ha aggiunto: “Ma dobbiamo impegnarci tutti. Tornare alla normalità? Io dico sempre: non quella di prima. In quella di prima della pandemia un ragazzo su 3 si perdeva. Da questa fase si esce innovando profondamente, e per farlo occorre occuparsi anche di quella parte del Paese che non è Bologna. Sto lavorando giorno e notte, facciamolo insieme. La scuola deve tornare in presenza, deve essere molto più aperta di quella prima, deve essere una scuola di affetti. Dobbiamo educare agli affetti, e in questo ricade anche il sesso, fa parte della nostra vita”.

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L’obiettivo, quindi, è ripensare la scuola in chiave moderna. Ciò significa ripensare gli spazi fisici e dell’apprendimento che “non possono essere gli stessi dei miei tempi. E per farlo ci sono i fondi dell’Europa, che non sono un regalo, ma sono soldi da investire. Ma come è emerso al G20 dell’Istruzione bisogna aumentare anche la spesa corrente in educazione, che significa investire sulle persone: certo che ci vuole la struttura materiale, ma occorrono anche le persone”.

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