Green Pass, Il Consiglio d’Europa è chiaro: niente discriminazioni

Decine di manifestazioni in tutta Italia per protestare contro il Green Pass: mentre si discute sulla legittimità del provvedimento, ecco cosa ne pensa il Consiglio d’Europa.

“Garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria, e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera”; “garantire che nessuno venga discriminato per non essersi vaccinato a causa di possibili rischi per la salute o per la scelta di non volersi vaccinare”. E’ la traduzione testuale degli articoli 7.3.1 e 7.3.2 della risoluzione 2361 “Vaccini Covid 19: considerazioni etiche, legali e pratiche”: autore, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Una affermazione abbastanza netta di quello che non deve accadere nel momento in cui si procede alle campagne vaccinali contro il virus che sta mettendo in ginocchio i sistemi sanitari di tutto il mondo, e che appare così difficile da gestire anche oggi, con decine di milioni di persone vaccinate nel mondo.

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Pressioni politiche e sociali, discriminazione: esattamente ciò che denuncia chi non vuole vaccinarsi in Italia, oppure chi si è vaccinato o si vaccinerà ma non è d’accordo con la decisione di applicare un “Green Pass” per i vaccinati nel nostro paese. Una situazione inedita e delicata, che rischia di aprire una nuova profonda divisione all’interno del popolo italiano. E’ già capitato, sempre durante questa drammatica pandemia: era una differenziazione di tipo economico, tra chi aveva le condizioni per sopportare lockdown e chiusure e chi no. Tutelati da contratti a tempo indeterminato, magari nel settore pubblico, da una parte e partite Iva o piccoli imprenditori dall’altra. Una differenza che lo stato non fu in grado di colmare, offrendo “ristori” inadeguati ed in ritardo, così come avvenne per la cassa integrazione.

Uno striscione di protesta contro l’obbligo del Green Pass

Ora il Green Pass, che rischia di porre altre differenze di fatto tra italiani. Anche se la Costituzione prevede che provvedimenti del genere possano essere introdotti a tutela della salute pubblica, resta il dato di fatto: dal 6 agosto, data in cui il Pass sarà obbligatorio, in alcuni luoghi non sarà permesso a tutti di accedere. Una forma di discriminazione a cui in Italia onestamente non siamo abituati, e che vedremo come sarà gestita e declinata. Nessuno ovviamente mette in dubbio la pericolosità del Covid 19, che è evidente. Come è altrettanto evidente la condizione emergenziale del sistema sanitario italiano, appeso al filo dei posti in terapia intensiva e nelle corsia evidentemente ancora inadeguati per garantire una sostenibilità ad un eventuale incremento di casi.

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Resta però la gestione del reale: dal 6 agosto ci sono cose che alcuni italiani potranno fare ed altri no, magari anche per condizioni oggettive, oltre che per legittime posizioni etiche. E chi non si può vaccinare per delle condizioni particolari di salute? Sono tante le domande: una delle prime riguarda la coerenza: se la situazione è oggettivamente così delicata da pretendere l’applicazione di un provvedimento così divisivo e discriminatorio, per quale motivo si è permesso fino a nemmeno tre settimane fa di riempire strade e piazze e creare festosi assembramenti senza alcuna precauzione per festeggiare la nazionale di calcio? E perchè il “via le mascherine” deciso per i luoghi all’aperto? La situazione è dunque takle da concederci tregua, o siamo ancora in un pericoloso limbo, tale da pretendere l’utilizzo di un lasciapassare che garantisca sul numero dei nostri anticorpi? Le risposte a questi quesiti, onestamente, ancora non sono chiare.

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