Afghanistan, Talebani cancellano il murale iconico: al suo posto una scritta “contro il nemico”

Afghanistan, l’iconico murale Baradar Khalilzad è stato cancellato dalla censura dei Talebani. In pericolo altre opere street-art, gambizzata la libertà artistica del Paese. L’autore: “Sarete mai in grado di cancellarci dai ricordi e dalla coscienza del mondo?”

Afghanistan cancellato il murale iconico - meteoweek.com
Afghanistan, l’iconico murale Baradar Khalilzad prima della censura – meteoweek.com

La propaganda del governo instaurato dai Talebani continua a perpetrare atti di censura. Questa volta tocca ai murales, e ad essere cancellato è stato uno dei più famosi lavori artistici di Kabul. Un inconico murale realizzato dal collettivo ArtLords dopo gli accordi di Doha è stato coperto, e al suo posto è apparsa una scritta “anti-nemico”. “Il murale Baradar Khalilzad non c’è più. Al suo posto una scritta in bianco e nero che dice ‘Non ti fidare della propaganda del nemico‘”, spiega infatti su Twitter lo stesso autore dell’opera, in un messaggio che è stato poi seguito da altri post di sensibilizzazione e relativi alla nuova campagna a sostegno degli artisti afghani vittima di censura.

“Sarete mai in grado di cancellare la nostra voce?”

“Hanno cominciato. I Talebani hanno cominciato a dipingere sopra i nostri murales. Hanno cominciato con quello storico, quello che ha segnato la firma degli accordi di Doha. Il murale Baradar Khalilzad non c’è più. Al suo posto vi è ora una scritta in bianco e nero, che recita ‘Non ti fidare della propaganda del nemico’ – una citazione del mullah Haibatullah”. Con queste parole esordisce l’artista Omaid H. Sharifi, lo stesso autore dell’opera che nei giorni scorsi si è ritrovato costretto a lasciare l’Afghanistan insieme alla sua famiglia. Nel suo tweet appare una foto dell’opera prima della censura, con accanto quella che invece raffigura il murale ora, dopo il passaggio ingordo dei Talebani.

L’iconica street-art ritraeva l’inviato speciale di Trump, Zalmay Khalilzad, mentre tendeva la mano al mullah Abdul Ghani Baradar. Un’opera, questa, diventata una delle immagini simbolo degli accordi di Doha, siglati nel febbraio 2020: un pezzo di storia che ora non c’è più. E tanti altri lavori simili, purtroppo, rischiano la stessa fine sotto l’occhio vigile dei Talebani. “Sarete anche in grado di cancellare i murales dalle strade dell’#Afghanistan, sarete pure in grado di mettere a tacere le voci in alcune parti del Paese per un po’, ma noi urleremo così forte che saremo comunque ascoltati. Sarete mai in grado di cancellare questo dai ricordi e dalla coscienza del mondo?“, esordisce lo stesso Sharifi in un altro post su Twitter, mentre lancia la campagna di aiuti a favore degli artisti del collettivo di Kabul, rimasti in Afghanistan.

Afghanistan artisti attivisti - meteoweek.com
Afghanistan, gli artisti attivisti del collettivo ArtLords al lavoro su un murale  – meteoweek.com

Il collettivo ArtLords coinvolge infatti artisti e attivisti (definiti come “artivisti“) che combattono in prima linea contro la guerra e la violenza. Si tratta di un’organizzazione no-profit, fondata nel 2014 proprio a Kabul. Il movimento, però, ha base globale, e vede coinvolti artisti motivati dal desiderio di aprire la strada alla trasformazione sociale e al cambiamento comportamentale utilizzando il soft power dell’arte e della cultura come approccio non intrusivo.

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Ad oggi, però, la maggior parte degli artisti afghani è costretta a lasciare la propria vita, finendo in condizioni precarie e incerte. “Non vogliamo che la vibrante scena artistica dell’Afghanistan e la conoscenza e le opere degli artisti afgani muoiano”, spiegano gli “artivisti” a supporto della loro campagna, una raccolta fondi volta ad “aiutare, consigliare, promuovere, proteggere e reinsediare gli artisti e gli attivisti afghani durante questi tempi bui per l’arte e la cultura“, in cui vengono “direttamente minacciati dai gruppi ribelli che controllano l’Afghanistan“.

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A sostegno della libertà artistica e culturale, minacciata pericolosamente dal governo talebano, si schiera anche il reporter Delgado Rivera, che lancia un altro appello – questa volta indirizzato a tutte le capitali del mondo. “Mentre questi bellissimi dipinti scompaiono dalle mura di #Kabul, ogni capitale/città principale dovrebbe replicarli nelle proprie strade come un modo per ritenere i #talebani responsabili della libertà e della prosperità di tutti gli #afghani”, si legge infatti nel suo post su Twitter.

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