La firma di Aukus mette fine alla politica estera dell’Unione Europea?

L’Alto Rappresentante Ue Josep Borrell ha dichiarato che nessuno dei vertici europei era al corrente della stipula di questo patto militare tra Stati Uniti, Inghilterra e Australia. L’ennesimo segnale di come l’influenza Ue nello scacchiere geopolitico mondiale, si stia ormai riducendo ai minimi termini

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L’unica cosa certa al momento, è che l’annuncio Aukus non ha preso di sorpresa soltanto una buona parte dell’opinione pubblica mondiale, ma quegli stessi vertici politici che sono stati esclusi da questa nuova intesa militare siglata da Stati Uniti, Inghilterra e Australia.

La seconda storica decisione in tema di politica estera presa dall’amministrazione Biden, si colloca ancora una volta nel solco di ciò che era stato perseguito in precedenza da Donald Trump. Sotto la presidenza del Tycoon infatti il dialogo con la Cina era diventato, da un certo punto in poi, apertamente ostile. E per quanto il governo di Pechino in questo accordo non venga mai menzionato, la volontà di Biden di fermare con i fatti le mire espansionistiche del governo di Pechino, a cominciare dall’area indo-pacifica, risulta quanto mai evidente. 

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La reazione dell’Unione Europea alla firma di Aukus

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Se la rabbia della Francia non accenna per il momento a placarsi, infinitamente più sfumata è stata invece la reazione dei vertici europei. A colpire sono soprattutto le dichiarazioni dell’Alto Rappresentante Josep Borrell che ai giornalisti ha spiegato che nessuno all’interno dell’unione era a conoscenza dei negoziati su Aukus che secondo alcune fonti inglesi, sono iniziati a marzo dello scorso anno. La firma arriva dunque come un fulmine a ciel sereno, ma per Borrell, questo è un problema fino a un certo punto. Non traspare irritazione dalle dichiarazioni dell’Alto Rappresentante Ue nè per questi negoziati diventati d’improvviso pubblici alla loro ratifica, nè per l’intesa raggiunta da Biden dell’area indo-pacifica. Anzi, Borrell parla di Aukus come di un patto che ha finalmente permesso di mostrare all’opinione pubblica “l’importanza della nostra strategia sull’Indo-Pacifico, ne rafforza il tempismo”. Per questo, Borrell spiega anche che “La nostra strategia non è lo scontro, ma la cooperazione”. E come commentare in questa ottica la veemente reazione dell’Eliseo? “Capisco che a Parigi siano arrabbiati, ma quanto è accaduto è anche una sveglia per gli europei: dobbiamo lavorare insieme in modo coordinato…”.

L’Unione Europea non considera la firma di Aukus un oltraggio, e non vi è dunque rancore nei confronti delle nazioni coinvolte. Questa quantomeno è la linea europea illustrata da Borrell in merito. Resta però il fatto che non si può non notare come questa nuova intesa militare, che ha un’importanza storica nel ridefinire una parte degli obiettivi geopolitici dell’Occidente, fa parte di una strategia di politica estera-mondiale, da cui l’Ue è stata, nei fatti,  tagliata fuori.  L’amministrazione Biden ha forse pensato che il vecchio continente conti ormai così poco politicamente che è più conveniente cercare nuovi partner per ridefinire lo scacchiere geopolitico mondiale? L’impressione piuttosto, è che Biden non si fidi più dell’Europa come alleato strategico. Il timore, mai in realtà completamente celato da parte della Casa Bianca, è che la Cina stia gradualmente conquistando favore e consensi tra i leader europei, e questo, quantomeno nell’ottica americana, rende l’Unione Europea un partner di cui è bene fidarsi sempre meno.

Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group e politologo della New York University sostiene che “per Biden Aukus è un successo solo a metà. Dimostra che per la sua amministrazione la Cina è la principale minaccia alla sicurezza nazionale. Su questo fronte l’annuncio dell’intesa è una buona notizia, la prova che c’è un coordinamento sempre più stretto di capacità militari e tecnologiche nel Mar Cinese meridionale. Un alleato come il Giappone ne sarà felice”.

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Il commento del Global Times sulla nuova intesa militare siglata dagli Stati Uniti

Com’era largamente prevedibile, la firma di Aukus ha compromesso ulteriormente i rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina. Il giornale cinese Global Times scrive che con la stipula di questo trattato “gli Stati Uniti stanno polarizzando istericamente il loro sistema di alleanze.Usare una forza esterna per spingere le “potenze intermedie” come l’Australia al livello di difesa di possedere sottomarini a propulsione nucleare è una forte vetrina per le potenze intermedie di tutto il mondo. Sebbene Washington affermi che i sottomarini a propulsione nucleare australiani non porteranno armi nucleari – prosegue il giornale cinese – tali dichiarazioni  non sono affidabili. Fin dall’inizio, i sottomarini a propulsione nucleare sono progettati per essere strumenti strategici di attacco“.

La stampa cinese vede in Aukus un primo passo per dei nuovi propositi bellici  ( o imperialisti?) che vengono al momento nascosti dall’Occidente tra le righe di un patto in cui la Cina nemmeno compare.

La Francia invece, come si accennava in precedenza, ha reagito nel peggior modo possibile. L’Eliseo, come suggerisce Bremmer, si è in primo luogo sentito umiliato dalle modalità con cui la trattativa è andata avanti: un patto segreto che di fatto la taglia fuori da questa nuova svolta della politica estera americana, e che al contempo, consente di annullare come niente fosse una commessa, quella relativa ai sottomarini che l’Australia aveva in precedenza ordinato dal Naval Group di Parigi, dal grande valore economico e strategico per la nazione. Senza dimenticare naturalmente, che questo patto militare appena siglato riguarda l’Indo pacifico, un’area in cui la Francia ha sempre rivendicato una forte presenza militare e politica in territori come ad esempio la Polinesia. 

La prima reazione è stata quella di richiamare gli ambasciatori presenti negli Stati Uniti e in Australia. L’annuncio è arrivato nella giornata di ieri dal Ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian: “Su richiesta del presidente della Repubblica, ho deciso di richiamare immediatamente i nostri due ambasciatori negli Stati Uniti e in Australia a Parigi per consultazioni. Questa decisione eccezionale è giustificata dalla gravità eccezionale degli annunci fatti il 15 settembre dall’Australia e dagli Stati Uniti. L’abbandono del progetto di sottomarino di classe oceanica che aveva legato l’Australia alla Francia dal 2016, e l’annuncio di un nuovo partenariato con gli Stati Uniti volto ad avviare studi su una possibile futura cooperazione sui sottomarini a propulsione nucleare, costituiscono un comportamento inaccettabile tra alleati e partner, le cui conseguenze riguardano la nostra stessa concezione delle nostre alleanze, i nostri partenariati e l’importanza dell’Indo-Pacifico per l’Europa”. 

La scelta di richiamare gli ambasciatori è un atto molto inusuale tra due nazioni che in teoria sono alleate. Una decisione che riesce a mostrare meglio di altre, quanto la situazione sia grave e i rapporti diplomatici tra queste potenze mondiali compromessi. 

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L’Eliseo condividerà la tecnologia militare con Seul come risposta ad Aukus?

Nelle ultime ore, circola un’indiscrezione che potrebbe ben presto configurarsi come una vera e propria vendetta del governo francese, una risposta all’oltraggio subito dalle molteplici conseguenze sul piano geopolitico. L’ambasciatore francese in Corea Del Sud sembra aver lasciato intendere che il governo francese sta adesso riflettendo sulla possibilità di condividere una parte della loro tecnologia militare, nello specifico quella riguardante portaerei e sottomarini nucleari, con la Corea del Sud. 

In un editoriale pubblicato sulle formiche.net Emanuele Rossi scrive che “Macron in questo momento vuole far pagare a Washington un costo in termini di immagine. Serve alla FrancIa per provare a rubare spazio all’interno di determinati contesti. Le critiche sull’Aukus sono un messaggio a Bruxelles, le mosse nel Sahel sono un segnale alla Françafrique, le dichiarazioni a Baghdad un input agli amici mediorientali”

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