La Camera ha approvato la legge sulla parità salariale: sì unanime

La Camera ha dato il via libera unanime (con 393 voti favorevoli) al testo unico delle proposte di legge in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Ora spetterà al Senato esprimersi in merito al testo sulla parità salariale. Intanto il segretario del Pd Enrico Letta parla di “una grande conquista“. 

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La Camera ha dato un via libera unanime al testo unico delle proposte di legge in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, testo che incassa 393 voti favorevoli in aula. Spetterà ora al Senato esprimersi sul testo sulla parità salariale. Il testo modifica il codice sulle pari opportunità tra uomo e donna, mirando a incentivare la presenza femminile all’interno del mercato del lavoro e puntando ad eliminare il cosiddetto “gender gap” (il divario nelle retribuzioni tra uomo e donna). Tra le novità, appare l’estensione alle aziende con più di 50 dipendenti (l’attuale limite è di 100) dell’obbligo di redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale. Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore, il testo prevede anche la cosiddetta certificazione della parità di genere, in arrivo dal primo gennaio 2022: il documento attesterà le misure adottate dal datore di lavoro con lo scopo di ridurre il gender gap, di fornire opportunità di crescita e di tutelare la maternità. Tutte le aziende che si muniranno del certificato dovrebbero ottenere, stando al testo, uno sgravio fiscale fino a 50mila euro annui, applicati su base mensile. Tuttavia, la definizione dei parametri minimi per ottenere la certificazione della parità di genere spetterà a uno o più decreti del presidente del Consiglio, su proposta dei vari ministri competenti (ministro della Pari opportunità, del Lavoro e dello Sviluppo economico).

Il testo, inoltre, prevede anche una ridefinizione del concetto di discriminazione indiretta, estesa anche a scelte organizzative su condizioni e tempo del lavoro che possano inficiare la parità di trattamento tra i due sessi. “Tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta vengono fatti fatti rientrare scelte di natura organizzativa o sull’orario di lavoro che possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso”, riporta il Sole 24 Ore. Insomma, sembrerebbe che l’intenzione più volte annunciata dal governo di agire in maniera strutturale sulla discriminazione di genere stia sortendo i primi effetti, almeno a livello prettamente legislativo. E arrivati i primi frutti, arrivano anche i primi moti di contentezza.

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Soddisfazione dal Pd alla Lega

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A commentare è stata Chiara Gribaudo (Pd), prima firmataria della proposta di legge, che in Aula ha ribadito che si tratta di “un meccanismo di trasparenza e garanzia per milioni di donne lavoratrici, una legge che garantisce i diritti di ciascuna, dal reclutamento alla retribuzione, fino alle opportunità di carriera. Sono cambiati tre governi in questa legislatura, cambiati i ministri, mai la voglia di arrivare in fondo e sono sicura che anche per le colleghe e i colleghi del Senato questo testo sarà una priorità”. Per questo, “questa giornata e questo momento va a tutte noi, alle 470mila donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia, a tutte coloro che vengono pagate meno o stimate meno dei loro colleghi uomini, alle donne che hanno i titoli, la competenza, l’esperienza e la preparazione ma apparentemente non il genere giusto per essere dirigenti o manager d’azienda. Ricordiamo che le donne italiane sono il 56% dei laureati italiani, ma solo il 28% dei manager, che è ancora possibile per una donna ricevere fino al 20% di stipendio in meno del collega uomo a parità di mansione e di ore lavorate”. Fa eco la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia e diritti del Pd, Anna Rossomando, che annuncia: “Pronti in Senato per l’approvazione definitiva“. Soddisfazione arriva anche dal M5s, attraverso una nota delle deputate e dei deputati in Commissione Lavoro: “Questo provvedimento, a cui il Movimento 5 Stelle ha lavorato con molta determinazione, è rivolto tanto alle lavoratrici quanto alle imprese, che vanno immaginate come due facce della stessa medaglia tra loro interconnesse e indivisibili. Attraverso degli sgravi contributivi intendiamo premiare le aziende virtuose, incentivando e diffondendo le buone pratiche in materia di pari opportunità e garantendo alle donne le stesse possibilità di crescita appannaggio degli uomini“.

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D’accordo anche la ministra Elena Bonetti, per la quale la legge “è un passo concreto verso la piena parità” nel percorso della “strategia nazionale. Insomma, sulla parità salariale il giudizio sembra unanime, condiviso anche dalla Lega, per la quale si esprime la deputata in Commissione Lavoro Elena Murelli: dalla Camera si è avuto “un segnale incoraggiante” ed ora “dobbiamo fare in modo che tutte le donne possano ricevere il rispetto dovuto e il trattamento appropriato alla loro posizione. Se sulla carta i contratti sono uguali per tutti, nella pratica per le donne non è ancora così. Nel corso della loro vita lavorativa, le carriere, le interruzioni, le scelte fatte e subite fanno sì che la realtà dei fatti sia ben diversa“. Molti di coloro che si esprimono parlano di “primi passi” verso la parità di genere. Speriamo di non inciampare sui prossimi.

 

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