Condanna di 3 anni e 8 mesi per Giuseppe Moltini, uno dei responsabili delle società che intermediavano per Uber coinvolte nell’inchiesta.
Prima condanna al processo per caporalato sui rider a Milano: il gup ha inflitto una pena di 3 anni e 8 mesi a Giuseppe Moltini, uno dei responsabili delle società di intermediazione chiamate in causa nell’inchiesta. La sentenza è arrivata al termine del processo abbreviato a carico di Moltini, accusato di caporalato ai danni dei fattorini che, per tramite delle società di intermediazione Flash Road City e Frc srl, eseguivano le consegne di cibo a domicilio per conto di Uber.
Condanna per reati fiscali a carico degli altri imputati
Condanna anche per altri due imputati (2 anni e 1 anno e 6 mesi) ma solo per reati fiscali. Il giudice ha anche deciso di convertire il sequestro preventivo di circa 500mila euro in contanti, operato nelle indagini del pm Storari sulle somme trovate in possesso degli intermediari, in un risarcimento da 10mila euro a testa a favore dei 44 rider, che lavoravano tra Milano, Torino e Firenze e che avevano aderito al procedimento proprio per vedersi riconoscere i danni subiti, assistiti tra gli altri dal legale Giulia Druetta. Alla Cgil, anch’essa parte civile assieme alla Camera del Lavoro e rappresentata dall’avvocato Andrea Ronchi, è andato invece un risarcimento pari a 20mila euro.
Sotto processo anche la manager (sospesa) di Uber
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Il 5 luglio il giudice aveva rinviato a processo anche Gloria Bresciani, manager (sospesa) di Uber, accusata a sua volta di caporalato sui fattorini. L’Udienza per lei avrà luogo il 18 ottobre davanti alla nona penale. Il gup aveva ugualmente mandato a giudizio la società di intermediazione Frc, imputata a causa della legge sulla responsabilità amministrativa. Inoltre aveva accolto i patteggiamenti per caporalato di Leonardo Moltini (3 anni) e Danilo Donnini (2 anni), sempre responsabili delle società di intermediazione di manodopera, e di un altro imputato (Miriam Gilardi) per favoreggiamento a 1 anno e 6 mesi.
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Uber è stata citata come responsabile civile, mentre Bresciani e gli altri tre sono stati accusati di caporalato. Secondo l’accusa avrebbero reclutato i rider assumendoli in Flash Road City e Frc srl “per poi destinarli al lavoro presso il gruppo Uber in condizioni di sfruttamento”. Dall’inchiesta è emerso, in particolare, che i lavoratori, trattati come schiavi invisibili, venivano “pagati a cottimo 3 euro”, “derubati” delle mance e addirittura “puniti” con la decurtazione dei compensi quando non stavano alle regole. La Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, era dovuta intervenire con il commissariamento poi revocato dopo una serie di misure adottate da Uber.