Gender policy report, l’Inapp riporta che 1 donna su 2 è precaria

La precarietà e la non continuità lavorativa, nonostante quanto fatto dal Pnrr, riguarda ancora in maggioranza le donne. Questi sono i dati che emergono del Gender Policy Report dell’Inapp.

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L’economia si sta riprendendo dai danni fatti dal Covid ma, purtroppo, sta lasciando alcuni indietro. Il Gender Policies Report 2021 dell’Istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche pubbliche (Inapp) racconta, infatti, una nazione a più velocità. “In questo anno e mezzo di pandemia l’aumento delle diseguaglianze di genere è cresciuto. E parte da un dato strutturale dell’occupazione che vede al 67,8% il tasso di occupazione degli uomini e al 49,5% quello delle donne. È chiaro che la pandemia non ha fatto che allargare questo divario”. Queste sono le parole del presidente Inapp Sebastiano Fadda.

Disuguaglianze di genere sul lavoro

Disuguaglianze di genere sul lavoro 20.12.21 740p - meteoweek.com

Al momento sono a tempo indeterminato appena il quattordici percento dei nuovi contratti ed il trentotto percento delle stabilizzazioni. Quasi il cinquanta percento dei contratti stipulati dalle donne, in particolare, è a tempo parziale. Questa percentuale si riduce quasi della metà per il sesso maschile. I dati preoccupanti, però, non finiscono qui. Dei 3.3 milioni di contratti del primo semestre di quest’anno, più di 2 milioni sono riservati ad uomini e solo 1.3 milioni alle donne.

“Le donne hanno dovuto affrontare uno stress test particolare dovendo moltiplicare gli sforzi e spesso trovandosi di fronte al bivio di scegliere tra lavoro e famiglia. Occorre intervenire non tanto con bonus o iniziative spot ma iniziando a adottare, sin dalla fase di progettazione, una valutazione di quali possono essere gli effetti su uomini e donne di politiche concepite come universali e quindi neutre. Un metodo e una sfida che l’Europa ci chiede dal 2006 e che di recente ha ribadito lo stesso Parlamento europeo nella Risoluzione sul Next Generation EU”. Questa è l’analisi di Sebastiano Fadda.

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In ogni regione d’Italia i contratti di lavoro per le donne sono meno di quelli per gli uomini. Nello specifico: 1/3 in Basilicata, Sicilia e Calabria; meno del quaranta percento in Molise, Puglia, Lombardia, Abruzzo e Lazio. Le restanti regioni hanno una percentuale di contratti stipulati per le donne tra il 40 ed il 47 percento circa. La regione con il maggior numero di contratti stipulati da donne è il Trentino Alto Adige.

I dati del sud Italia del Gender policy report

“Maggiore occupazione non sempre determina automaticamente maggiore stabilità o maggiore redditività. Per questo è importante guardare alla ripresa nelle sue reali potenzialità di sostenere una buona occupazione nel lungo periodo”. Questo è quanto emerge dal rapporto di quest’anno. Vi è, però, anche una nota positiva da tenere in conto. Le regioni del sud Italia hanno mostrato un’incidenza di contratti a tempo indeterminato per donne superiore alla media nazionale. In alcuni casi anche maggiore della media di alcune regioni del nord Italia.

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Questo significa che, anche se ci sono meno contratti, quelli che vengono stipulati sono più stabili. Ad esempio, la Campania ha quasi il 22 percento di contratti (su 75.000) a tempo indeterminato. Calabria e Sicilia si aggirano invece attorno al 18 percento. “Attenzione tuttavia ad un dato che riduce l’ottimismo. Proprio in queste regioni, accanto alla ridotta nuova occupazione continua a registrarsi la quota di tempo parziale femminile tra le più alte d’Italia».

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