Scuola, i sindaci chiedono il green pass studenti

Il green pass anche nelle scuole. È quanto prevede la proposta sul green pass obbligatorio a scuola lanciata da alcuni sindaci che chiedono al governo di far accedere nelle classi solamente i bambini e i ragazzi vaccinati, guariti o con esito negativo di un tampone

L’idea del green pass nelle scuole è stata rilanciata da Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e presidente dell’Associazione per le autonomie (Ali), in un’intervista a la Repubblica. I sindaci stanno inviando una lettera-appello a Mario Draghi, e ai ministri di Salute e Scuola, Roberto Speranza e Patrizio Bianchi. L’appello è stato sottoscritto da tanti sindaci: Sala a Milano, Lo Russo a Torino, Lepore a Bologna, Nardella a Firenze, Manfredi a Napoli e ancora i primi cittadini di Lecce, Bergamo, Brescia, Ancona e tante altre città. Nardella sul punto ha spiegato «già ora questi ragazzi devono usare il Green pass per il trasporto pubblico locale». Il Green pass ridurrebbe il pericolo per le scuole di ritrovarsi di nuovo in Dad, «nel caso in cui i contagi dovessero aumentare». Come sindaci, ha proseguito Nardella, «siamo preoccupati di dover organizzare il sistema delle scuole, sapendo che rischieremmo di sacrificare ancora una volta i nostri studenti».

Matteo Ricci spiega che la proposta nasce dal fatto che tanti bambini e ragazzi vaccinati si ritrovano in didattica a distanzaa causa dei loro compagni non vaccinati”. Questa la ragione per cui si chiede al governo di introdurre il green pass obbligatorio anche per gli alunni delle scuole elementari, medie e superiori. Per il sindaco di Pesaro serve un provvedimento urgente che preveda l’obbligo di green pass  dopo la pausa natalizia. L’ipotesi sarebbe quella di far valere per le scuole le stesse regole previste per i lavoratori quindi accesso con vaccinazione o guarigione dal Covid, ma anche con tampone negativo. Ricci spiega che non si creerebbero problemi neanche per quei genitori che non vogliono vaccinare i figli considerando che per andare a scuola sarebbe sufficiente il tampone ogni 48 ore e per evitare di metter in difficoltà le famiglie la proposta sarebbe di rendere gratuiti i tamponi: “Proprio perché si tratta di minori ritengo si possa pensare a tamponi gratuiti, pagati dallo Stato”.

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“È chiaro che la situazione in generale stia peggiorando, lo dicono i dati nazionali. Non dispongo di dati ufficiali sulle scuole, siamo rimasti a quello delle 10mila classi in dad su 400mila, ma credo che negli ultimi giorni il numero sia aumentato”. Queste le parole di Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus.  “Bisogna dire – ammette Giannelli – che siamo ancora lontani dai numeri dell’anno scorso. La speranza è che si riesca a fermare questa nuova variante. La scuola finora sta facendo il suo dovere rispetto a tanti altri settori”.   Parlando del possibile obbligo di Green pass per gli studenti, Giannelli è titubante: “Io vedo delle grosse difficoltà. Il problema è la tempistica. Se noi diciamo da un giorno all’altro che diversi milioni di bambini-ragazzi devono vaccinarsi, in quanto tempo devono ottenere il Green pass? Se dobbiamo fare i tamponi a tutti non abbiamo le strutture necessarie per farli. Se non si fa prima una stima realistica della capacità di smaltimento di queste misure e verifiche, si rischia di fare un buco nell’acqua. Se si dice che serve il Green pass e i ragazzi non fanno in tempo, che succede? Non vengono a scuola? Tutto ciò va coniugato con il tema del diritto allo studio. Non possiamo rischiare che milioni di ragazzi tornino in dad”.

Intanto i dati ci confermano che nel 2020 la preparazione degli studenti italiani è regredita rispetto all’anno precedente ma la colpa è solo in parte imputabile alla didattica a distanza, il problema più grande resta  la difficoltà di colmare i divari e le disuguaglianze dovuti anche alle differenze sociali tra gli alunni. È quanto osserva il Censis, nel capitolo sui processi formativi contenuto nel 55esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese.  Il 76% degli oltre 1.700 dirigenti scolastici consultati dal Censis è molto (29,8%) o abbastanza (46%) d’accordo sul fatto che la Dad, anche nella forma mista della Didattica digitale integrata, abbia solo accentuato le difficoltà della scuola nel contrastare gli effetti negativi dei bassi status socio-economici e culturali dello studente. È inoltre molto diffusa l’opinione che il peggioramento delle performance sia dovuto a un uso della Dad basato sulla mera trasposizione online della tradizionale lezione frontale, senza una reale innovazione didattica (il 65,4% è molto o abbastana d’accordo) mentre il 62% lamenta un più generale deterioramento delle competenze, solo acuito dalla necessità di fare ricorso alla Dad.   Una percentuale di presidi analoga (65,3%) rimarca che con la Dad non si è riusciti a instaurare una valida relazione educativa, mentre il 59,5% imputa una responsabilità non all’uso della Dad in sè, ma al suo utilizzo in un periodo come quello pandemico, con tutto il suo portato di disagio per studenti e docenti.

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Un’altra grossa tegola per la scuola in questi giorni è il tema degli insegnanti no-vax. Dopo quasi un anno dall’inizio delle vaccinazioni anti-Covid in Italia, si stima che ci siano ancora circa 50 mila insegnanti non ancora vaccinati. In  molti istituti delle scuole italiane circa il 20 per cento dei docenti non ancora immunizzati intende vaccinarsi nei prossimi giorni. Una percentuale comunque bassa, che lascerebbe comunque non immunizzati circa 40 mila docenti. Il 15 dicembre è però arrivata l’introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale docente a , ciò significa che da gennaio migliaia di cattedre rischiano di resteranno vacanti. Da qui il problema di come sostituirli.  Come misura estrema per riuscire a non lasciare migliaia di studenti senza docenti si fa sempre più forte l’ipotesi di chiamare in cattedra «i laureandi non ancora in possesso della laurea, ma pronti ad entrare in classe per salvare l’anno scolastico e per fare esperienza con l’insegnamento». Come precisato dalla presidente dell’Associazione dei presidi del Lazio, Cristina Costarelli, «la chiamata dei laureandi è regolamentata per la facoltà di Scienze della formazione, quindi per gli insegnanti delle elementari, ma viene di fatto estesa anche ad altre lauree per le superiori: per matematica e per le materie professionalizzanti degli istituti tecnici e professionali».

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