Codogno due anni dopo, i cittadini: “La pandemia ci ha cambiati”

A due anni dallo scoppio della pandemia i cittadini di Codogno, il primo Comune travolto dal Covid, raccontano come sono cambiati.

Codogno due anni dopo, i cittadini: "La pandemia ci ha cambiati" - www.meteoweek.com
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Caro bollette e inflazione. A due anni dallo scoppio della pandemia sono questi i problemi che occupano la mente dei cittadini di Codogno, il primo Comune travolto dal Covid. La paura del virus “è passata un po’ in secondo piano”, lasciando spazio alla preoccupazione per la gente che “compra sempre meno. Appena superato un problema ce n’è subito un altro e forse questo è anche peggio”. Lo dice Vittorio De Cesare, gestore di un banco di ortofrutta al mercato cittadino. “Certo il Covid ha fatto la sua parte – continua – ma ora sentiamo il peso dei rincari dell’energia e dell’inflazione. Noi, che abbiamo le celle frigorifere, abbiamo registrato un raddoppio di costi, mentre pensionati e i lavoratori hanno sempre gli stessi stipendi, che sono quello che sono. Quindi comprano sempre meno”.

Codogno due anni dopo, le parole del commerciante

Nel pieno della pandemia, sottolinea De Cesare, “qui al mercato era pieno di gente anche dopo le zone rosse e ora ci sono in giro poche persone. Oggi comprano solo l’indispensabile, mentre prima facevano la spesa sul serio”. La paura, tuttavia, è diminuita ma non è scomparsa. “Secondo me stanno facendo un po’ di terrorismo, la gente ha ancora paura”, conclude. E in che modo lo dimostra? Sono tutti un po’ strani, stralunati, sempre pronti a denunciare gli altri, quando prima più che una cittadina eravamo una famiglia“.

Codogno due anni dopo, le parole del ristoratore

Il modo in cui la pandemia ha cambiato i cittadini di Codogno è confermata anche da Diego Rizzi, ristoratore. Insieme a suo fratello gestisce il ristorante storico “L’Osteria”. “La gente – racconta Rizzi – ha ancora paura di uscire di casa, soprattutto chi ha più di cinquant’anni. Ci siamo un po’ abituati a vivere in casa e a farci portare il cibo direttamente a casa. Come ristorante siamo ancora a mezzo gas: rispetto al 2019 abbiamo perso circa il 40 per cento del fatturato”. Nonostante il Paese si avvii verso la fine della pandemia – anche in termini tecnici, vista la fine dello stato di emergenza fissato per il prossimo 31 marzo – secondo il ristoratore per le persone comuni “ci vorrà un po’” prima di “tornare alla normalità” .

La pandemia – sottolinea – ha cambiato tutto”, soprattutto con l’ultima mazzata di dicembre, quando i contagi sono tornati a crescere in maniera incontrollata, che li “danneggiati molto. A Natale e a Capodanno abbiamo avuto meno della metà di clienti, anche per le disdette dell’ultimo minuto. Cosa che per noi è stato un grande danno, perché lavoriamo soprattutto nella stagione fredda, visto che i nostri piatti sono belli carichi”. E dopo due anni di quasi totale stop dell’attività, ora subentra il nuovo problema delle bollette che “sono aumentate e uno per prima cosa rinuncia alla cena fuori. E le regole ancora non sono chiare, fra green pass e quarantene nessuno ha capito veramente cosa si doveva fare”.

Codogno due anni dopo, le parole della farmacista

Anche Rosa Cavalli, farmacista, ha notato un cambiamento dovuto alla pandemia tra gli abitanti del suo Comune. “La gente fa fatica a fidarsi, non riesce a reagire bene, non sa ancora come andrà a finire”, spiega Cavalli, facendo riferimento alla confusione che spesso hanno provato i cittadini rispetto alle decisione prese dal governo per contrastare il virus. “Il Covid – aggiunge la farmacista – ci ha cambiato. Ha cambiato e cambierà le nostre abitudini. È stata una vera mazzata, molti sono rimasti terrorizzati e ancora adesso dicono che non toglieranno più la mascherina e non andranno più al ristorante”.

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Poi la donna racconta in che modo ha tentato di rendersi socialmente utile durante i lockdown, ottenendo un permesso speciale della Prefettura per tenere aperta la farmacia a Codogno, visto che lei vive a Milano. Dovevamo aprire, la gente aveva bisogno di noi e bisognava anche venire qui a rispondere al telefono. Non siamo rimasti chiusi un solo giorno”, racconta. Poi ricorda i momenti più difficili, quelli del primo lockdown, ancor prima che venisse chiuso anche il resto d’Italia: “La situazione è stata molto difficile. Per noi è stato come essere marchiati, non capivamo perché noi fossimo chiusi e il resto d’Italia no. La gente all’inizio era disorientata e non sapeva cosa fare. La gente qui ha sofferto molto, tante persone hanno avuto parenti morti di Covid, molte anche più di uno e negli ospedali abbiamo visto tante cose brutte. È stato molto difficile anche per i medici”.

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Codogno due anni dopo, le parole della barista

Sul drastico cambiamento vissuto dalla popolazione del Comune di Codogno sono tutti d’accordo. Compresa Roberta Boselli, titolare da più di trent’anni del Caffè Cairoli, che racconta come le persone abbiano “ancora paura”. Sono diffidenti e sospettosi e segnalano chi ha la mascherina un po’ abbassata e chi forse è senza green pass”. E proprio le normative sulle certificazioni verdi, secondo lei, contribuiscono a peggiorare la situazione. “È diventato un incubo.  Noi controlliamo sempre il green pass, ma questo ci costa tempo e ogni tanto dobbiamo mandare via qualcuno, che va da qualche altra parte dove non lo controllano. Abbiamo registrato un drastico calo di clienti e di lavoro”, dice Boselli. “La speranza – conclude la barista – è che tolgano presto il green pass, sarebbe l’unico modo per poter tornare a lavorare anche con chi non è vaccinato. Speriamo nell’estate per poter riprendere a lavorare e superare questi brutti ricordi”.

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