Unione Europea: Moldavia e Georgia chiedono ufficialmente di entrare

L’aggressività di Mosca spinge le due giovani Repubbliche a chiedere l’adesione all’Unione Europea. Una mossa non priva di rischi.

Maia Sandu, presidente della Moldavia, con Ursula von der Leyen – Meteoweek

L’attacco russo all’Ucraina non ha solo provocato una gigantesca crisi umanitaria e condotto il mondo sul baratro di una pericolosissima guerra. Ha anche innescato una reazione a catena in direzione opposta a quella auspicata dal presidente russo. Il timore dell’Orso russo ha fatto rompere gli indugi ad altri paesi dell’ex blocco sovietico che hanno così deciso di chiedere l’ammissione in Europa. A inquietare Mosca adesso sono Moldavia e Georgia che giovedì, dopo anni di trattative sfumate o perlomeno al rallentatore, hanno chiesto ufficialmente di entrare a far parte dell’Unione Europea.

Lo scopo delle due Repubbliche: liberarsi dall’influenza di Mosca

Da sinistra verso destra: Zalkaliani, Kuleba, Ciocoi, rispettivamente ministri degli Esteri di Georgia, Ucraina e Moldavia – Meteoweek

La ragione? Quella di liberarsi dall’ingombrante peso della Russia, uscendo dal pantano culturale e economico lasciato dal collasso dell’Unione Sovietica. Certo, il percorso sarà tutt’altro che veloce, ma passare nell’Unione Europea significherebbe, per questi paesi salire sul treno della crescita economica (la Moldavia è la nazione più povera d’Europa) che per loro, ad oggi, resta una chimera. Le sorti dei due paesi restano saldamente vincolate a quelle di Kiev. Basti ricordare che solo il 17 maggio scorso i tre rispettivi ministri degli Esteri avevano firmato un accordo di collaborazione per stilare una “road map” di riforme per promuovere l’integrazione europea. Non a caso sia a Chișinău che a Tbilisi ci sono state diverse proteste contro l’attacco russo all’Ucraina.

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Lo scatto delle due giovani Repubbliche, visto quanto sta accadendo in Ucraina, costituisce uno snodo cruciale nel panorama geopolitico dell’Europa orientale. Moldavia e Georgia, nonostante la loro povertà, rivestono da sempre un’importanza strategica per Mosca. Tanto è vero che in quell’area si sono innescate dinamiche analoghe a quelle della Crimea e del Donbass in Ucraina. In Transnistria ad esempio. Si tratta della regione moldava più a est. La Transnistria è stata la prima a autoproclamarsi stato indipendente nel 1990 (senza mai essere riconosciuta dalla comunità internazionale). E nel 2014, dopo essere di fatto diventata un protettorato di Mosca, ha chiesto di essere annessa alla Federazione Russa. Difatti, stando a quanto sostengono diversi analisti – oltre che da quanto si è saputo della strategia rivelata inaccortamente da Lukashenko, il presidente della Bielorussia alleato di ferro di Puitin – tra le intenzioni di Mosca ci sarebbe proprio quella di attivare un “corridoio” in grado di collegare la Transnistria alla Russia attraverso il Donbass, la Crimea (oltre alle sponde che congiungono il territorio alla parte continentale ucraina, con le truppe russe che si sono già impadronite di Kherson) e, da ultima, Odessa.

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Se le cose stessero realmente così e, soprattutto, se il progetto dei russi dovesse davvero realizzarsi, l’Ucraina perderebbe di fatto ogni accesso marittimo, tanto sul Mar Nero quanto sul Mar d’Azov. In sostanza, Mosca prenderebbe due piccioni con una fava, stringendo ancor più la morsa su Kiev e avvicinandosi al tempo stesso al centro dell’Europa. Qualcosa di analogo accade in Georgia dove successivamente alla guerra del 2008, Abkhazia e Ossezia del Sud hanno dichiarato la propria indipendenza usufruendo sempre del sostegno moscovita. Hanno cioè cominciato ufficialmente a ruotare attorno alla Russia, un supporto che allo stato attuale si concretizza prevalentemente in finanziamenti: ovvero debiti di cui la Russia chiederebbe la riscossione nell’eventualità in cui i rispettivi stati volessero riannettersi quelle zone.

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