Nell’inferno di Bucha [VIDEO]

Danny Kemp e la squadra dell’agenzia France Presse sono riusciti ad entrare a Bucha, nei sobborghi di Kiev,  testimoniando le morti con immagini divenute virali

Non è stato facile entrare a Bucha, cittadina di 30mila abitanti ai sobborghi della capitale ucraina Kiev, per testimoniare l’orrore dei corpi straziati a terra nelle strade.
Ma dopo 3 settimane Danny Kemp, il reporter dell’AFP, accompagnato dal team dell’agenzia francese, ce l’ha fatta e nella sua intervista rilasciata all’AGI rivela particolari di grande interesse.

Quello che posso dire è quello che ho visto” dichiara Kemp, “e quello che ho visto non era una messa in scena e di certo i corpi che ho incontrato non si sono rialzati dopo il nostro passaggio”. Il riferimento è alla polemica di queste ore, soprattutto via social, sulla presunta messinscena che gli ucraini avrebbero allestito attraverso una sorta di comparse le quali, fingendosi morte, sarebbero la prova definitiva dei crimini condotti dai russi in territorio ucraino, a dispetto della linea ufficiale dettata dal Cremlino che vorrebbe l’esercito impegnato unicamente contro obiettivi militari, salvaguardando i civili nelle diverse situazioni di scontro.

Kemp e i suoi colleghi viaggiano da soli, senza scorta e riescono ad accedere alla città per testimoniare le ultime settimane di guerra e i devastanti effetti sull’abitato: case distrutte, muri crivellati, auto esplose, desolazione e distruzione in ogni angolo del centro.
Ma è in una via nella parte residenziale che il gruppo di giornalisti scopre con orrore ciò che avremmo successivamente visto attraverso tutti media del mondo.
Tanti corpi lasciati per strada, a terra, alcuni con le mani legate, altri accasciati come se avessero ricevuto il colpo letale durante lo svolgimento delle proprie attività quotidiane.

Abbiamo fermato le auto e siamo scesi” racconta Kemp, “È stata una visione scioccante. La strada si stendeva per 400 metri e da ogni parte c’erano cadaveri. Alcuni isolati, altri in piccoli gruppi. I primi che abbiamo incontrato erano tre, nel vialetto di una casa: uno aveva le mani legate dietro la schiena. Altri sull’asfalto in mezzo alla strada, altri con le gambe incastrate sotto la bicicletta. L’impressione è che siano stati uccisi mentre erano in giro per le loro attività quotidiane: accanto ad alcuni erano rovesciate le buste per la spesa.”

Inquieta il particolare che alcuni dei cadaveri presentassero il passaporto aperto vicino al corpo, come se qualcuno ne avesse voluto controllare l’identità.

La testimonianza di Kemp e dei suoi compagni di viaggio, come detto, risulta importante quanto la sua opera di debunking delle teorie che stanno circolando in rete in questi giorni su comparse che si muovono e corpi disseminati ad arte per propaganda.
“Il 2 aprile” – aggiunge Kemp-“abbiamo camminato per l’intera strada due volte. Abbiamo contato i corpi. In nessun momento abbiamo visto uno di loro muoversi. Avevano la pelle giallastra e cerosa e le dita rigide, alcune con le unghie scolorite. Erano chiaramente morti da diversi giorni, se non di più“.

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