Sondaggio: come la pensano gli italiani sulla guerra in Ucraina

Dopo un mese e mezzo di guerra un sondaggio tasta il polso degli italiani sul conflitto e sulle questioni collegate, dall’energia all’accoglienza dei profughi.

L’immagine è quella di un paese spesso diviso a metà, ma con alcune soprese.

Sono trascorse ormai sei settimane dall’inizio della guerra in Ucraina. E quella che doveva essere una guerra lampo rischia di incancrenirsi in un conflitto prolungato. In un mese e mezzo anche le opinioni degli italiani hanno cominciato a consolidarsi.

E perciò l’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, ha pensato di sondare l’opinione pubblica del nostro paese. Ne è nato così un sondaggio realizzato da Ipsos.

Si parte subito con la ricerca del “colpevole”. Chi ha la maggiore responsabilità per la guerra? Una larga maggioranza degli intervistati (60,8%) non ha dubbi: la colpa è di Putin. Oltre 6 italiani su 10 pensano che sia lui il principale responsabile. Una percentuale che arriva al 74% escludendo gli indecisi. C’è però un 22% che addossa la colpa alla Nato e un 5% a Zelensky.

Dopo il colpevole, gli intervistati sono chiamati a esprimersi sulla fine della guerra. Qui il 44% dice di sperare in un accordo di pace dove ognuna delle parti belligeranti rinunci a qualcosa per un compromesso. Meno gettonate, quasi alla pari, le altre opzioni: resa dell’Ucraina (11%), golpe in Russia (10%) o l’intervento militare della Nato (9%).

Intervento diretto della Nato e armi all’Ucraina

Più di sei italiani su dieci sono contrari a un intervento diretto della Nato nel confitto – Meteoweek

Dagli italiani arriva un secco no all’ipotesi di un intervento diretto della Nato in guerra a seguito di una potenziale escalation militare. Il 60,1% degli intervistati afferma che la Nato non dovrebbe scendere in campo in nessun caso. Meno del 20% desidera l’azione militare diretta della Nato (possibile del resto, stando ai trattati, solo in caso di aggressione a uno degli stati membri).

Sull’invio delle armi all’Ucraina l’Italia invece si spacca. È giusto che la Ue fornisca armi alla resistenza ucraina? Qui contrari e favorevoli si equivalgono. A un 38,6% di contrari alla fornitura di armi si contrappone un 28,6% favorevole e un 9,1% che vorrebbe mandarne anche di più potenti. Rilevante anche la quota di incerti: il 23.7%, come capita spesso in casi di questioni difficili da sbrogliare sul piano morale.

Sì o no alle sanzioni antirusse?

La maggioranza relativa (49%) è favorevole alle sanzioni contro la Russia perché convinta che possano far finire la guerra. Una percentuale che arriva al 56% togliendo gli indecisi. Resta comunque una larga quota di persone sfavorevoli alla guerra (37%). E anche tra i favorevoli la maggioranza (30%) è convinta che le sanzioni danneggino in ogni caso l’economia italiana. Solo il 18% dei favorevoli crede che le sanzioni danneggeranno prevalentemente la Russia.

Fonti energetiche: carbone, nucleare

Sorprese invece sul fronte dell’energia. Qui quasi nove italiani su dieci (86%) si mostrano disposti a ridurre i propri consumi nel caso di una crisi energetica prodotta dalla guerra. Una cifra molto elevata e sorprendente visti i forti aumenti delle bollette di luce e gas, già più che raddoppiate rispetto all’anno passato.

Sorpresa anche sul fronte delle energie alternative: quasi sei su dieci (59%) accetterebbero l’uso di ulteriori centrali a carbone, e circa la metà (51%) vorrebbe che l’Italia tornasse al nucleare. Una forte inversione di tendenza rispetto agli anni passati, quando i favorevoli al nucleare non superavano il 33%.

Accoglienza ai profughi ucraini e pericolo dell’atomica

Schiacciante la maggioranza favorevole ad accogliere gli esuli del conflitto: 85% di sì contro un 7% di no. Ma basta andare poco più a fondo per vedere le cose cambiare: solo il 44% dice sì a una accoglienza incondizionata dei profughi, mentre il 41% li accoglierebbe solo per un periodo di tempo limitato. Infine, molto forti le paure sull’uso dell’arma atomica durante il conflitto: più di sette italiani su dieci (71%) credono che la minaccia di un loro impiego in questa guerra sia una possibilità concreta.

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