Twitter, Musk e i sauditi: l’informazione progressista all’attacco del patron di Tesla

Elon Musk criticato per aver accettato finanziamenti provenienti da paesi e governi dove la libertà di parola non è precisamente al primo posto.

Non è la prima volta che il ricchissimo imprenditore viene accusato di essere incoerente.

Elon Musk, acquistando Twitter, ha voluto presentarsi come apostolo della libertà di parola. Ma quando ci sono i soldi – soprattutto valanghe di soldi – di mezzo gli ideali rischiano di compromettersi facilmente. Lo spericolato imprenditore è finito così nel mirino della stampa progressista, che lo accusa di accettare finanziamenti provenienti da paesi (se non da governi) liberticidi. Come quelli arabi.

Giovedì sera si è saputo infatti che Musk non avrà più bisogno di rilevare l’intero capitale di Twitter. Inizialmente Musk aveva diviso in due parti l”operazione per l’acquisto totale del social: 23 miliardi in finanziamenti bancari, altri 21,5 invece li avrebbe sborsati lui mettendo in vendita azioni di Tesla. Musk tuttavia ha trovato degli investitori disposti a diventare azionisti di minoranza o a rimanere nella compagine azionaria. Così nel giro di pochi giorni l’imprenditore ha racimolato ben 7,1 miliardi.

Molti critici però hanno puntato il dito su due finanziatori: il primo è principe-finanziere saudita Al-Waleed bin Talal, che mantiene il suo investimento di 1,9 miliardi in Twitter (risalente al 2011); il secondo invece è il Qatar, che ha promesso i 375 milioni di dollari attraverso il suo fondo sovrano. Ci sarebbero poi i 700 milioni di VYCapital di Dubai.

Musk e gli affari con cinesi e sauditi

Il principe saudita Al-Waleed bin Talal – Meteoweek

Musk, rimproverano i critici, dice di aver comprato Twitter non per fare business ma per farne un faro della libertà di parola. Ma poi che fa? Accetta soldi da paesi dove la libertà di espressioni è repressa e i giornalisti dissenzienti finiscono in carcere o, peggio, rischiano la pelle? In Qatar ad esempio i diffusori di “notizie false o malevole” rischiano 5 anni di prigione.

Elon Musk in effetti ha avuto un atteggiamento contradditorio in passato. Da un lato si è scagliato contro i (pur brevi) lockdown e le mascherine in Usa nel periodo più duro della crisi Covid definendole illiberali. Dall’altro però non ha aperto bocca sulla politica sanitaria molto più dura della Cina, per non parlare del blocco totale di Shangai. Dove si trova il più importante stabilimento mondiale di Tesla. Un profilo basso premiato dalla Cina, che gli ha permesso di riprendere la produzione con gli operai che, per non infrangere le norme sul lockdown, dormono all’interno della fabbrica.

D’altra parte bisogna pur riconoscere che l’investimento qatariota non è certo enorme: 375 milioni non sono molto in confronto al miliardo messo sul piatto di Twitter da Larry Ellison di Oracle o agli 800 milioni del fondo di venture capital Sequoia. Senza contare che col Qatar tutto il mondo fa affari.
Anche Al Waleed ha investo un po’ dappertutto: Coca Cola, Apple, News Corp di Rupert Murdoch. E pure in Italia, dove ha investito in Mediaset di Berlusconi e fine anni ’90 si interessava alle privatizzazioni di Eni, Enel e Finmeccanica.

Un curioso voltafaccia

Quello che incuriosisce semmai è l’improvviso voltafaccia del finanziere saudita. Ne giro di pochi giorni è passato dalla secca stroncatura dell’offerta di Musk per Twitter alla sua fervida accettazione.
Una storia curiosa. Naturalmente andata in scena su Twitter. Dopo che Musk aveva offerto 54,20 dollari per azione, Al Waleed aveva replicato seccamente: «Non credo che rispecchi e nemmeno si avvicini all’intrinseco valore di Twitter. Da azionista storico e di primo piano della società, respingo la sua offerta».

La risposta di Musk non si era fatta attendere, con un tweet che insinuava dubbi sulle credenziali politico-finanziarie di Al Waleed: «Interessante. Solo due domande, se posso: quanto è rilevante la quota di Twitter posseduta, direttamente o indirettamente dalla sua Kingdom? E qual è il suo punto di vista sulla libertà di parola dei giornalisti?»

Poi erano seguite giornate di silenzio (e di trattative sottotraccia). Finché Al Waleed non è tornato a twittare. Ma non per rispolverare l’ascia guerra, bensì per seppellirla. Non solo ha confermato il suo investimento in Twitter, ma ha parlato di Musk come un «nuovo amico» e «eccellente leader». Poi la chiosa finale: «Sono entusiasta di intraprendere con lui questa nuova avventura». Ci si chiede cosa mai gli avrà promesso il vulcanico Elon.

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