Giornata da profondo rosso per i mercati mondiali. Forti perdite per le Borse europee e quella americana.
A trascinare verso il basso le Borse l’inflazione Usa e le paure per le prossime mosse della Bce e della Federal Reserve.
Maglia nera per Piazza Affari, il listino peggiore d’Europa, con quasi 39 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati nella seduta. Giù anche Wall Street: il Dow Jones ha perso il 2,73% a 31.391,70 punti, mentre il Nasdaq ha perduto il 3,52% a 11.340,02 punti. S&P 500 in calo del 2,91% a 3.900,73 punti. Si tratta delle maggiori perdite percentuali settimanali dalla settimana conclusa lo scorso 21 gennaio.
A Milano l’Ftse Mib ha perduto il 5,17% a 22.547 punti. Gli annunci della Bce sul rialzo dei tassi d’interesse hanno colpito prima di tutto il settore bancario: Bper ha finito a -12,92%, il Banco Bpm a -12,05%, Unicredit a -9,1%, Intesa Sanpaolo a -7,38%, Mediobanca a -6,59%.
Le decisioni della Banca centrale europea ricadono anche sullo spread. Chiusura in netto rialzo per il differenziale a 234 punti. Volano anche i rendimenti del BTp decennale che chiudono al 3,85% in confronto al 3,72% della giornata di ieri, toccando i massimi da ottobre 2014. A Parigi, l’indice Cac 40 ha perduto il 2,69%, a Francoforte il Dax 30 ha perso il 3,05%, mentre a Londra l’indice Ftse 100 cala del 2,17%.
A maggio l‘inflazione in Usa è aumentata all’8,6% su base annuale. Anche qui siamo ai massimi da 40 anni e oltre le stime degli esperti che si attendevano 8,3%. Chi sperava che l’inflazione fosse ormai arrivata al tetto massimo è rimasto deluso. Si temono invece interventi più decisi della Federal Reserve.
Il report del dipartimento del Lavoro americano ha registrato un’impennata dell’indice dei prezzi al consumo dell’1% lo scorso mese. Un aumento rispetto allo 0,3% del mese aprile, e dello 8,6% rispetto a maggio dello scorso anno. La causa? I prezzi della benzina, arrivati a livelli record, e l’aumento del costo dei servizi.
La Federal Reserve si riunirà il 14-15 giugno. A spaventare gli investitori è il timore che un mercato del lavoro molto rigido, insieme a un’inflazione costantemente ad alti livelli, possa spingere la Fed a velocizzare il ritiro degli stimoli di politica monetaria adottati durante la crisi sanitaria. Già due volte la Federal Reserve ha aumentato – di un quarto di punto prima, di mezzo punto poi – fino a raggiungere un intervallo tra lo 0,75 e l’1,00%. In picchiata i prezzi dei Treasury Usa e i rendimenti a breve e a medio termine hanno toccato i livelli più alti da più di dieci anni.
I rendimenti a due anni, molto sensibili ai rialzi dei tassi di interesse, sono balzati al 3,057%, il massimo dal giugno del 2008. Stesso discorso per i rendimenti a tre anni, schizzati al massimo da dicembre 2007 e per quelli a cinque anni, arrivati ai massimi dall’agosto 2008.
Rallentare l’inflazione è l’imperativo per il presidente americano, Joe Biden. “I dati di oggi dimostrano perché l’inflazione è la mia priorità”, ha detto Biden aggiungendo poi: “L’inflazione non sta scendendo velocemente come dovrebbe, ma è incoraggiante vedere che l’inflazione di fondo sta rallentando”. Biden ha sollecitato il Congresso invitandolo ad “approvare una legge per ridurre i costi di spedizione questo mese” così da abbassare il prezzo delle merci. Il presidente dem chiede anche una legge per ridurre “i costi per le famiglie, come le bollette e i farmaci“.
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