“Se ti vesti così te la cerchi”. E lei sfila con gli abiti che indossava quando cercarono di stuprarla

Una risposta simbolica a chi demonizza l’abbigliamento delle donne vittime di violenza sessuale. Un’azione ispirata dall’uscita infelice di un’amica.

Una giovane padovana sfida in passerella la mentalità che colpevolizza le donne stuprate.

Martina Evatore durante la sfilata dimostrativa – Meteoweek

Quando un uomo cercò di abusare di lei, tre anni fa, indossava una t-shirt nera e la giacca militare, pantaloni larghi e sneakers. Gli stessi abiti con cui si è presentata in passerella Martina Evatore, la ventenne padovana che venerdì sera ha sfilato per il concorso Miss Venice Beach. Un gesto simbolico, un’azione dimostrativa per dare una risposta a chi, qualche giorno fa, le aveva detto che vestendosi in una certa maniera “una se la cerca”. Così Martina ha deciso di rispondere sfilando con gli stessi abiti che aveva addosso quando un uomo aveva cercato di violentarla.

Succedeva la sera del 29 luglio 2019: un uomo la aggredisce mentre fa rientro a casa. Martina sta passeggiando nel quartiere dell’Arcella a Padova. A un certo punto un uomo la colpisce alle spalle cominciando a molestarla e cercando di abusare sessualmente di lei. Ma la giovanissima Martina di allora, ancora minorenne, non perde il controllo. Mantiene il sangue freddo e sfrutta la preparazione raggiunta grazie a un corso di autodifesa. Riesce così a sottrarsi alla morsa del suo aggressore, non prima di averlo colpito e messo in fuga.

L’aggressore, malgrado la denuncia, non è mai stato rintracciato. Ma Martina ricorda bene come era vestita quella serata. E per questo motivo ha colto l’occasione della sfilata per lanciare un messaggio a chi si ostina a puntare il dito sull’abbigliamento delle donne abusate sessualmente. Come se c’entrasse qualcosa con la selezione della vittima da parte dello stupratore. E che serve unicamente a colpevolizzare le vittime delle violenze.

“Se vai in giro vestita in questo modo, te la cerchi”

Così l’altra sera a Jesolo, Martina ha voluto mandare un messaggio importante. E anche dare una risposta a un’amica che alcuni giorni prima, preoccupata per l’esperienza che aveva vissuto, l’aveva ripresa per l’abito estivo lungo e attillato che portava addosso: “Se vai in giro vestita in questo modo, te la cerchi”. La ventenne di Padova ha compreso le buone intenzioni dell’amica, ma aveva sentito dentro di sé di dover fare qualcosa per rispondere a quelle parole infelici.

“Le sue parole hanno fatto scattare in me il desiderio di raccontare che cosa ho passato – ha spiegato Martina a Il Gazzettino – e specialmente la volontà di sconfiggere questo maledetto stereotipo, al fatto che ancora adesso non poche donne non siano libere di vestirsi come vogliono perché un abito piuttosto che un altro potrebbe attirare le attenzioni di qualcuno, istigare ad una violenza”.

Martina ha respinto il suo stupratore ma quel giorno ha lasciato in lei una ferita ancora viva. Che l’ha portata a mandare un messaggio a tutte le donne che condividono con lei una esperienza così terribile: “Voglio dire a tutte coloro che si sono trovate o si troveranno in una situazione come la mia, che devono denunciare. Non bisogna stare in silenzio. Non ci si deve vergognare. Noi siamo le vittime”.

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