Influenza aviaria, numeri choc: negli ultimi due anni la più grave epidemia della storia

Ben oltre 47 milioni gli uccelli abbattuti a causa dell’epidemia di influenza aviaria scoppiata nell’ultimo biennio.

Numeri da record nella stagione 2021-2022 per la pandemia di aviaria. Fortunatamente il rischio di trasmissione all’uomo resta generalmente basso.

Mentre il mondo gemeva sotto la pandemia di Covid-19, era in corso un’altra epidemia di proporzioni ancor maggiori. Parliamo dell’influenza aviaria, che nel biennio 2021-2022 ha letteralmente fatto strage di volatili. Con cifre impressionanti. Si parla di quasi 2.500 focolai e di 47,5 milioni di uccelli abbattuti negli allevamenti. Più di 3.500 casi negli uccelli selvatici, dalla Norvegia al Portogallo.

È il bilancio di quella che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) definiscono la maggiore epidemia di influenza aviaria mai vista sul suolo europeo.

Aviaria, quale rischio per l’uomo

Ma quale rischio c’è per l’uomo? Il rischio di trasmissione dell’influenza aviaria all’essere umano esiste, ma è classificato come basso dalle agenzie Ue per la popolazione generale e come basso-medio per le persone esposte per ragioni lavorative. Quanto al numero di focolai, l’Italia è il secondo Paese per numero di focolai negli allevamenti (317). Al primo posto c’è di gran lunga la Francia (1.383)

Una emergenza, quella dell’influenza aviaria, che appare destinata a proseguire nel tempo perché, diversamente dagli anni passati, in estate il numero di rilevamenti del virus dell’aviaria ad alta patogenicità (Hpai) è stato “senza precedenti”, sottolineano Efsa e Ecdc. Al contrario, nelle annate scorso l’estate vede l’infezione rallentare la sua diffusione, senza far registrare casi positivi (o quasi).

Quest’anno invece il virus è arrivato nelle colonie riproduttive di uccelli marini sulla costa nord atlantica, provocando un alto tasso di mortalità in Germania, Francia, Olanda e Regno Unito. Rispetto ai mesi precedenti, comunicano Efsa e Ecdc, tra giugno e settembre il numero di focolai negli uccelli domestici è diminuito. Ma è pur sempre rimasto a un livello cinque volte superiore rispetto allo stesso periodo del 2021. “È chiaro che l’attuale epidemia è tuttora in corso – afferma Guilhem de Seze (Efsa) – con l’inizio della migrazione autunnale e l’aumento del numero di volatili selvatici che svernano in Europa è probabile che un maggior numero di essi risulti a rischio di infezione da Hpai, a causa della persistenza del virus in Europa“.

Inoltre nell’autunno del 2021 il virus ha per la prima volta attraversato l’Oceano Atlantico, propagandosi dall’Europa al Nord America. In un comunicato Efsa spiega che “andranno prese in considerazione strategie di prevenzione a medio e lungo termine” nelle aree densamente popolate e nei sistemi di produzione avicola molto esposti all’influenza aviaria.

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