Stretta in arrivo sul reddito di cittadinanza: chi rischia di perderlo

Con la legge di bilancio 2023, oggi all’esame del consiglio dei ministri, dovrebbe arrivare la stretta sul reddito di cittadinanza.

Ma chi è che rischia concretamente di perdere il beneficio? Le intenzioni dell’esecutivo appaiono chiare.

Appare ormai certa la stretta sul reddito di cittadinanza da parte del governo Meloni. I più a rischio di taglio sono i beneficiari tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro presso i centri per l’impiego. Una platea di circa 660 mila persone. Poi ci sono altri 173mila percettori che già lavorano però con redditi talmente bassi da poter rientrare tra gli aventi diritto al reddito di cittadinanza. In totale sono dunque più di 830 mila i titolari del sussidio che, in quanto abili al lavoro, potrebbero perderlo con la legge di bilancio 2023 oggi all’esame del consiglio dei ministri.

A rischio di taglio, in pratica, uno su tre dei circa 2,5 milioni di percettori della misura.

Quando si potrebbe perdere il sussidio?

C sono diverse ipotesi al vaglio. Quella più radicale, appoggiata dal premier, prevede che gli abili al lavoro perdano il reddito di cittadinanza alla prima scadenza. Secondo le regole in vigore, il rdc dura 18 mesi, rinnovabili dopo una sospensione di un mese. Per altri sei mesi si potrebbe avere un assegno legato ai corsi di formazione, finanziato con fondi europei. Poi il taglio.

Altri invece, come il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, propendono per un taglio più graduale: dopo i 6 mesi in formazione, se l’interessato ancora è disoccupato potrebbe fare nuovamente richiesta del rdc. Ma per un massimo di 12 mesi e con un importo decurtato del 25%. Poi, dopo altri 6 mesi di sospensione, il beneficio potrebbe essere chiesto un’ultima volta, per sei mesi e ridotto di un altro 25%.

Quanto si risparmierà con la revisione del rdc

La quadra potrebbe essere trovata a metà. A seconda che si opti per la soluzione più dura o per quella più morbida, i risparmi per le casse statali oscillano da 1,8 miliardi a poche centinaia di milioni (ogni anno la spesa complessiva per reddito e pensione di cittadinanza si aggira attorno a circa 8 miliardi di euro).

Quante offerte di lavoro si potranno rifiutare prima di perdere il rdc?

Tutte le ipotesi sul tavolo prevedono il taglio del reddito al rifiuto anche della prima proposta «congrua» di lavoro. Al momento invece il taglio scatta al secondo rifiuto. Inizialmente, nel 2019, quando il governo Conte 1 introdusse il reddito di cittadinanza, si potevano respingere fino a tre proposte di lavoro. Ma il meccanismo di fatto non è mai entrato in funzione. Questo per vari motivi. Prima di tutto per la difficoltà di rispettare i parametri di congruità delle offerte. C’è poi il fatto che sia le eventuali offerte che i rifiuti non vengono tracciati. In più c’è anche lo scarso interesse delle aziende verso i beneficiari del reddito di cittadinanza, generalmente persone con un basso titolo di studio e senza esperienza lavorativa.

Inasprimento dei controlli

Tutte le proposte al vaglio dell’esecutivo prevedono regole e controlli più severi sugli aventi diritto del rdc, anche sugli inabili al lavoro (minorenni, pensionai, persone con problemi di salute e inclusione). In particolare, tutti dovrebbero dimostrare di risiedere effettivamente in Italia andando periodicamente negli uffici comunali. Un modo per evitare che ci sia chi, avendo la residenza in Italia, percepisce il reddito anche se in realtà vive all’estero.

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