Alcuni studiosi americani hanno progettato in laboratorio i primi robot viventi: gli Xenobot, ricavati dalle cellule staminali della rana Xenopus laevis. Questi robot di meno di un millimetro hanno un’intelligenza artificiale e sono in grado di rigenerarsi. Con lo stesso Dna della rana, si tratta però di organismi viventi programmabili.
Alcuni scienziati americani sono stati in grado di ottenere i primi “robot viventi” e con capacità autorigenerative al mondo, tramite l’utilizzo di cellule staminali da rane.
Sono chiamati ‘xenobot’, perché prendono il nome della rana artigliata africana (Xenopus laevis) da cui hanno assunto le cellule staminali.
Cosa sono gli Xenobot, robot viventi, e a cosa servono
Queste “bio-macchine” misurano meno di un millimetro (0,04 pollici) – sono sufficientemente piccole da poter, ad esempio, entrare in dei corpi umani per somministrare farmaci o ripulire le arterie, o ancora potrebbero essere liberati negli oceani come spazzini per catturare parti in plastica.
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Sono in grado di spostarsi camminando e nuotando, di sopravvivere per intere settimane senza nutrirsi e lavorare in gruppo.
Sono “forme di vita completamente nuove“, ha dichiarato l’Università del Vermont, che ha condotto la ricerca con la Tufts University e l’Istituto Wyss dell’Università di Harvard.
Fornita agli Xenobot un’intelligenza per lavorare in autonomo
Per realizzare gli Xenobots gli studiosi si sono serviti di cellule staminali di rane rimodellandole in specifiche “forme del corpo” ideate da un supercomputer che ha fornito loro delle capacità particolari di “intelligenza” per lavorare in autonomo.
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“Queste sono nuove macchine viventi“, ha dichiarato Joshua Bongard, uno dei principali ricercatori dell’Università del Vermont, nel comunicato stampa. “Non sono né un robot tradizionale né una specie conosciuta di animali. È una nuova classe di artefatti: un organismo vivente, programmabile.”
“Possiamo definirle robot viventi oppure organismi multicellulari artificiali, perché svolgono funzioni diverse da quelle naturali”, afferma Antonio De Simone, dell’istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Un algoritmo che ha generato il comportamento delle cellule
“I ricercatori hanno riprogrammato delle cellule viventi, ‘grattate’ via da embrioni di rana, assemblandole in una forma di vita completamente nuova” continua De Simone.
In pratica, aggiunge, si parla di “aggregati di cellule che interagiscono tra loro, comportandosi collettivamente in un modo complesso e diverso da quello che avrebbero naturalmente. Si tratta di comportamenti elementari, come muoversi insieme in una direzione o in cerchio”.
Il robot vivente così ha lo stesso Dna della rana, ma non è affatto una rana: è una forma di vita rimodulata per fare qualcosa di inedito.
La grande novità di questo lavoro, secondo De Simone, “è stata soprattutto utilizzare un algoritmo per generare il comportamento e l’evoluzione delle cellule”.